Cerca
Close this search box.

Il magazine per il mondo HR

di:  

Over 40, Elisa Severa (HR Consultant): “Se perdono il lavoro, rischiano di diventare i nuovi NEET”

Si parla molto di giovani e lavoro, si parla invece troppo poco degli over 40 alle prese con un riposizionamento. Troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per il mondo del lavoro, rischiano di avere ancora meno possibilità di potersi ricollocare e di trovare delle porte aperte.

Con un mercato del lavoro molto diverso rispetto a qualche anno fa, le aziende sono oggi molto impegnate nell’attrarre giovani, ma decisamente meno interessate alla retention degli over 40 e over 50 all’interno delle loro strutture o alle prese con un riposizionamento, voluto o obbligato.

Professionisti che rischiano quindi di avere forti difficoltà a trovare una propria dimensione nelle aziende in cui vogliono continuare a lavorare o delle opportunità al di fuori di esse.

In USA però qualcosa sta cambiando. Anche in risposta alle Grandi Dimissioni, alcune organizzazioni stanno iniziando a guardare agli “over” come delle preziose risorse che possono dare ancora molto, tanto che si inizia a parlare dei cosiddetti “longennials“. Ne abbiamo parlato con Elisa Severa, HR Consultant presso Jobify Recruiting, Orientatrice Professionale ASNOR, Formatrice risorse umane e Responsabile Sportello Lavoro ATDAL -OVER 40 e Consulente di Carriera.

Elisa, nella tua esperienza, come questa fascia di lavoratori sta vivendo questa delicata fase storica? 

Come Responsabile Sportello Lavoro over 40, incontro molto candidati di ogni regione, ognuno con background formativi e professionali diversi. Il minimo comune denominatore che li accomuna è “l’inidoneità”, come rimando esterno, da parte di un mondo del lavoro sempre più liquido e digitalizzato, in cui si incontra difficoltà di far riconoscere e promuovere il proprio valore online e offline.

Sono i nuovi “NEET” (Not in Education, Employement or Training) ma con una differenziazione anagrafica:  troppo giovani per accedere alla pensione e troppo vecchi per lavorare. Un curioso o, meglio, inaccettabile paradosso ed è il sintomo di un’emergenza occupazionale non più così nascosta ma evidente.

Rabbia, frustrazione, il non sentirsi in partenza con pari diritto di concorrere per una posizione professionale, e che non si voglia investire sulla loro persona e professionalità. Sono emozioni e interiorizzazioni che accolgo da parte di alcuni orientati. 

Il nemico invisibile per gli over 40 e 50, sembra essere proprio il tempo: quello anagrafico, quello che passa senza soluzioni ed interventi efficaci di riqualificazione e di reinserimento professionale. Il sentirsi umiliati, confusi: come se quanto prodotto e appreso nelle proprie carriere, fosse inutile, non sufficiente, alle attua richieste del mondo del lavoro.  

Questo accompagna la maggior parte degli utenti che seguo nelle consulenze di orientamento, ma a me non piace, e credo non aiuti mai generalizzare: poiché ve ne sono altri, che hanno reagito, seppur ammetto non rappresentano la maggioranza, in maniera diversa, con una gestione del problema prima emotiva, accettando di attivarsi in maniera rinnovata e con pianificazione strategica per il proprio rientro nel mondo del lavoro o cambio di carriera, con tempi più o meno lunghi,  dimostrando che  avevamo molto ancora da offrire. 

Ogni utente che incontro ha una sua storia, un suo vissuto, che vanno rispettati e valorizzati, e quando si riesce a collaborare insieme, non trascurando l’aspetto umano ed emozionale, ho constatato ci sia un mettersi in campo diversamente: il non sentirsi soli e isolati, invisibili fa la differenza nell’approccio ad una oggettiva difficoltà di reinserimento, che non è tuttavia una sentenza definitiva.

I primi a riconoscere la propria identità professionale e valore, così da saperla comunicare e promuovere all’esterno devono essere proprio i candidati over 40 e 50.

In USA si sta assistendo a una rivalutazione proprio delle risorse senior, tanto che si parla della rivincita dei longennial, ovvero over 50 attivi e strategici per le aziende che vogliono avvalersi di personale già formato e con esperienza. Pensi sia un fenomeno che possa prendere piede anche in Italia? 

La risposta degli USA a quello che noi in Italia chiamiamo “ostacolo”, è stata “lungimiranza”, in quanto hanno attivato la capacità di osservare e constatare, come la seniority di un candidato sia una fonte di inestimabile ricchezza per lo sviluppo e il consolidamento aziendale nel proprio mercato di riferimento.

Il fenomeno della riassunzione “re – hiring” di lavoratori senior, con un consolidato bagaglio di hard e soprattutto soft skill, rappresenta assolutamente una valida opportunità per le attuali esigenze del mercato del lavoro italiano. Il termine longenial, se ci pensiamo, non identifica un’età specifica, ma la “maturità lavorativa”.

Essa è data dalla conoscenza e dalla competenza ed esperienza che si matura sul campo, tipica delle figure senior, che sanno gestire problemi, negoziare, trasferire know-how ai più junior

Gli appartenenti alla generazione dei longennial, senza dubbio, infondono fiducia, poiché sono consapevoli del valore della cultura aziendale, possiedono una grande abilità nell’organizzazione e risoluzione dei problemi, stimolano lo scambio intergenerazionale all’interno delle imprese. La loro capacità di ispirare attendibilità e garantire sicurezza è essenziale per la crescita e la stabilità delle aziende.

Questi elencati sono sicuramente validi motivi, l’Italia è tuttavia è pronta ad investire sulla maturità lavorativa e l’intelligenza organizzativa degli over 40 e 50? Posso rispondere per casi singoli che ho seguito sia come recruiter che come consulente di orientamento professionale.

Ho seguito una selezione per un’importante realtà operante nella consulenza del lavoro che necessitava di un commerciale senior. Il candidato perfetto, il match valoriale tra le esigenze aziendali e le aspettative del candidato di ben 58 anni, si è creato con facilità, complice la consulenza, l’ascolto attivo e strategico, la proiezione del valore di quel candidato nel contesto aziendale nel lungo termine, che chi opera nelle risorse umane deve saper attivare nel processo di ricerca e selezione dei talenti.

Come orientatrice, è stato emozionante osservare, come una mia orientata di 52 anni è stata assunta dopo diversi mesi di fermo, come Business Development Rappresentative da una nota realtà di consulenza aziendale sul territorio lombardo.

Queste sono state due risposte concrete di realtà professionali italiane, e da professionista operante nelle risorse umane, vorrei avere l’opportunità di vedere sempre più aziende assumere, credere e valorizzare professionisti over 40 e 50.

Sentiamo molto parlare di talenti scartati per l’età, ma vale anche la pena menzionare e testimoniare quando gli inserimenti avvengono.  

È possibile che un over 40-50 che sia alle prese con un riposizionamento o un reinserimento si senta disorientato. Come l’orientamento professionale può essere di aiuto e come si pianifica un percorso lavorativo in questi casi? 

L’orientamento professionale è essenziale proprio per i candidati che si trovano in un momento di transizione, di difficoltà è confusione rispetto alla definizione del proprio obiettivo professionale e la conseguente realizzazione di un piano strategico per realizzarlo. Promuovere l’autonomia decisionale, il contatto con sé stessi e di quelle che lo psicologo Edgar Schein definisce le proprie “àncore di carriera” ossia l’insieme dei valori, motivazioni profonde, skill che dirigono verso una determinata scelta di carriera.

Per la ricerca di una nuova occupazione, si pensa erroneamente di partire dall’invio massivo del proprio cv, magari redatto graficamente accattivante e di massimo una pagina.

Siamo invasi dal richiamo al cv perfetto, quando invece dovremo orientarci alla realizzazione di un cv efficace che faccia comprendere a chi non ci conosce, chi siamo, cosa facciamo e quale è il nostro valore aggiunto e obiettivo di carriera. Ma il nostro sguardo, prima che sul cv, deve essere posizionato sul proprio mondo interiore, sulla definizione di azioni consapevoli, sull’abbandono degli autosabotaggi che spesso generano le così dette profezie autoavveranti.

Continuare a ripetere a se stessi “sono troppo vecchio ormai, nessuno mi assumerà, in Italia funziona sempre così, tutti mi dicono di no”, attiva un unico sguardo: quello del fallimento e che mai nulla, a prescindere dalle nostre azioni e attivazioni potrà cambiare.

È facile cadere in questi schemi mentali. Eppure, io non sono solo il Marco disoccupato che ha 50anni, la Elena a cui mancano 3 anni per andare in pensione ed è rimasta senza occupazione.

Smettere di percepirsi solo in funzione del proprio ruolo professionale, ma ricordare che noi siamo fatti di passioni, di emozioni, di obiettivi raggiunti, riporta lo sguardo al nostro mondo interiore e facilita il lasciare andare di frasi negative, assolutiste, ingombranti e limitanti per la creazione del nuovo.

Ecco il momento di lavorare sulla propria consapevolezza per poi redigere quel famoso cv efficace: avere un obiettivo di carriera chiaro nella mente. Solo definendo chiaramente i nostri tuoi obiettivi potremmo concentrare i nostri sforzi nella giusta direzione.

Dove vorremo essere in questo momento, in che realtà professionale, ricoprendo quale ruolo? Quali sono quelle hard e soft skill che emergono nel mio background professionale e in base al mio obiettivo di carriera, esse sono ancora richieste o necessito di formazione per aggiornarle e potenziarle?

La formazione è un tassello fondamentale nella pianificazione del proprio personale significato di successo a qualunque età anagrafica in realtà: tuttavia formarsi in maniera poco coerente, senza una reale pianificazione del come utilizzare tale apprendimento non è utile alla propria ricerca ma solo a gonfiare il proprio cv di certificazioni e attestati.

Ponderare cosa, rispetto alla mia job title desiderata, occorre approfondire e migliorare attraverso corsi ed integrazioni formative scelti ad hoc. Ed ecco che bisogna accettare che il mondo del lavoro è cambiato ed in primis lo siamo noi.

Non mi rappresenta più il cv di 20 anni fa, sono maturato come persona e professionista, bene, comunichiamolo attraverso il nostro biglietto da visita. Attraverso il cv io mi presento a chi non mi conosce, e quindi è importante chiedersi: sono chiare le informazioni che riporto e sono facilmente individuabili nel mio scritto?

Cerchiamo di evidenziare i passaggi più recenti e rilevanti della nostra carriera che sono maggiormente in linea con il nostro obiettivo professionale, il ruolo e settore in cui vogliamo posizionarci. Questo non significa sottrarre valore alla nostra pluriennale carriera, ma facilitare il potenziale datore, a scorgere i punti di incontro tra la sua richiesta e la nostra offerta di valore.

Il cv non è un elenco della spesa dei lavori che hai fatto e degli studi che hai conseguito, personalizza la candidatura in base all’annuncio, in maniera chiara, sintetica e specifica.

Il cv non ti fa ottenere il lavoro, ma la possibilità di farti conoscere, potrai ampliare la tua storia professionale in maniera congruente, in sede di colloquio.

Monitoraggio delle proprie candidature per tenere traccia delle nostre azioni, così da comprendere se la nostra strategia è funzionale all’obiettivo. Creare un network online e offline, non dobbiamo temere il nuovo, la tecnologia che avanza, ma comprenderlo, così da divulgare il nostro valore.

Nell’epoca dei social, ogni professionista è anche un brand. Quanto il personal branding su Linkedin può essere efficace? 

Oggi ci troviamo nell’epoca del Digital Recruiting: aziende e recruiter individuano risorse con cui entrare in relazione attraverso i social, soprattutto attraverso il social professionale per antonomasia, Linkedin, in cui trovare potenziali talenti a cui segnalare le proprie offerte professionali.

Ecco che torna il discorso di essere consapevoli del proprio obiettivo professionale: le realtà di mio interesse “cercano” i propri candidati online? Se la risposta è sì, non possiamo ignorare questo nuovo modo di relazionarci con l’esterno, e che tale comunicazione deve avvenire in maniera strategica, autentica e coerente alla nostra seniority.

Molti candidati over 40 e 50, sono iscritti su Linkedin, ma questo non è sufficiente. Ogni strumento è utile se sappiamo utilizzarlo in maniera consapevole. Bisogna saper contestualizzare. Essere presenti su Linkedin è un grande atto di responsabilità verso sé stessi ma anche verso chi ci legge, significa impegnarsi nel creare relazioni, poiché se è vero che possiamo cercare annunci di lavoro a cui candidarci, è altrettanto vero, che attraverso il nostro personal branding su Linkedin stiamo offrendo il nostro valore come persona e professionista, così da incuriosire il nostro pubblico obiettivo a contattarci.

Curare la propria comunicazione online, e dunque: dall’immagine del profilo che sia  professionale, alla compilazione della head line in cui indichiamo le Job Title,  il ruolo che ricopriamo o a cui aspiriamo e anche gli anni di esperienza, il settore di riferimento e di interesse, competenze, abilità e aspetti distintivi. È qui, che vanno inserite le famose parole chiave, con cui vorremmo essere trovati, riconosciuti e ricordati.

Quali sono le keyword che voglio si associno al mio nome? Quali usano i miei competitors?  Facciamo delle prove! Sperimentare, è fondamentale.  Gli utenti di Linkedin non hanno la sfera di cristallo, nulla di noi si può capire senza una chiarezza espressa.

Nella sezione informazioni parliamo di noi in prima persona, mi presenterò in maniera coerente con la mia identità professionale: chi sono, di cosa mi occupo, perché dovresti contattarmi? Cosa posso fare per te? Il tutto in un massimo di 2600 caratteri. Sul nostro profilo, sono i primi 200 caratteri quelli che verranno visualizzati in anteprima, e che incuriosiranno il visitatore ad approfondire l’intera sezione. Linkedin non è il trasferimento del tuo cv online, hai spazio per ampliare il tuo valore con contenuti che rafforzano quanto hai espresso nel cv.

Perché prima ho indicato l’esempio di quei due straordinari candidati over 50? Perché rispetto al primo candidato,  è attraverso azioni di head hunting su Linkedin che ho trovato il talento che cercavo, concludendo la selezione con successo, mentre la seconda candidata è riuscita proprio grazie al suo personal branding su Linkedin , su cui abbiamo lavorato insieme, ad essere apprezzata dall’attuale realtà in cui lavora.

Molti recruiter scartano i candidati in base alla data di nascita che leggono nel CV. Come i candidati senior possono vincere questa barriera all’ingresso? 

Più che l’agito del recruiter è il mandato aziendale che è da rivedere.  L’azienda va guidata attraverso una consulenza strategica della divisione HR, verso un altro paradigma: i senior sono risorse preziose il cui know-how ed expertise, se correttamente valorizzati, possono essere trasmessi ai junior e costituire un valore aggiunto per tutta l’organizzazione.

Se si resta centrati sulla mera agevolazione economica, è valido fornire all’azienda consulenza sugli incentivi alle assunzioni:

  • per gli over 50, uomini e donne, disoccupati da almeno 12 mesi, ovvero assunzione  con contratto a termine o a tempo indeterminato di lavoratori con almeno 50 anni di età e disoccupati da oltre 12 mesi, ai sensi dell’art. 4, commi 8-11, legge n.92/2012, modificato invia transitoria dall’art. 1 commi 16-19 della L. n.178/2020 (legge di Bilancio 2021) e successivamente dall’1, commi 298 e 299, della L. n. 197/2022 (legge di Bilancio 2023).
  • per le donne , incentivi per l’assunzione con contratto a termine o a tempo indeterminato di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi ovvero prive di impiego da almeno 6 mesi e appartenenti a particolari aree, o che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità di genere, ai sensi dell’art. 4, commi 8-11, L. n.92/2012, modificato in via transitoria dall’art. 1 commi 16-19 della L. n.178/2020 (legge di Bilancio 2021) e successivamente dall’1, commi 298 e 299, della L. n. 197/2022 (legge di Bilancio 2023).
  • per i percettori di Naspi senza limiti di età  incentivi per l’assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante (art. 47, c. 4 del D.Lgs del 15/06/2015, n. 81) allo scopo di favorire la qualificazione o riqualificazione professionale attraverso l’acquisizione di competenze nuove e aggiuntive rispetto a quelle già possedute

Come deve osservare la situazione il candidato: quel dato omesso relativo alla data di nascita, nel cv, verrà comunque fuori in sede di screening telefonico o di colloquio. Se quella singola realtà intende scartarci per un pregiudizio anagrafico, lo farà comunque.

Non è un’opportunità mancata, perché quella realtà non ha nulla a che vedere con i nostri valori, sarà più fruttuoso scoprirlo subito e promuovere il proprio valore in altre realtà dove poter dimostrare la propria professionalità e competenza.

Considerando invece recruiter e aziende, come è possibile stimolare una cultura in cui le competenze e l’approccio al lavoro siano più importanti dell’età? 

Innanzitutto io azienda, devo comprendere perché sento il bisogno di attivare una ricerca di personale, per rispondere a quali esigenze organizzative e produttive. Un aumento del lavoro in una specifica divisione? Ho bisogno di personale altamente qualificato per espandere e affermare il mio business? 

Bisogna conoscere i propri bisogni aziendali, e il recruiter stesso deve conoscerli per offrire non solo un proficuo processo di ricerca e selezione ma un’attività di consulenza all’azienda, su quali candidati risultano in linea alle aspettative attese.

L’identikit del candidato ideale verte sulla capacità e competenza dei candidati stessi di generare valore, di sposare la cultura aziendale, entrando in armonia e sinergia con le persone e i professionisti che abitano l’azienda.

Noi recruiter facciamo il tifo per ogni candidato che presentiamo all’azienda,  ci dispiace realmente dover dire dei no e siamo i primi a mettere in luce le capacità di un senior e di ogni candidato. Chi fa un buon lavoro di selezione, sa che i candidati non sono solo il loro cv, e dunque devono essere valorizzati da noi con delle note di accompagnamento all’azienda, ed essere facilitati nel racconto del loro valore aggiunto, di esempi concreti per conoscerli meglio e a farli apprezzare anche a livello aziendale.

Il gap anagrafico può avvenire tanto per l’over 40 che per l’under 30, ciò che dobbiamo ricercare è il candidato allineato ai valori dell’azienda che ne sposa la politica, valutando la persona ancor prima che il professionista su più livelli, le capacità, la personalità, la motivazione, il comportamento e i valori, il reale contributo che può apportare in azienda. Riportare alla mente dell’azienda a vecchi fallimenti di assunzione, in cui non si sono considerati questi elementi, per rimanere competitivi, aumentare la produttività, distinguersi dai competitor.

CONDIVI QUESTO ARTICOLO!

Iscriviti alla newsletter

    La tua email *

    Numero di cellulare

    Nome *

    Cognome *

    *

    *

    Inserisci sotto il seguente codice: captcha