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Stranieri in Italia: gestire la diversità in gruppi di lavoro multiculturali è diventato fondamentale

Con la globalizzazione e l’intensificarsi dei flussi migratori cresce la presenza di stranieri in Italia. Per questo motivo imparare a comprendere e gestire la multiculturalità nelle aziende è diventato imprescindibile. Ma come si crea una “intelligenza interculturale” sul lavoro?

Come riportato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, secondo il rapporto “Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia 2023”, con dati relativi al 2022, gli occupati stranieri nel nostro Paese sono 2,4 milioni, +5,2% rispetto al 2021, e rappresentano il 10,3% del totale degli occupati.

Il tasso di occupazione è al 60,6% (mentre quello degli italiani è 60,1%), la disoccupazione al 12% (contro il 7,6% degli italiani) e l’inattività al 31,2% (34,8% per gli italiani).

Non solo, le attivazioni di contratti con cittadini stranieri sono cresciute del 12,4% in un anno (+10,5 quelle con italiani), con un incremento più consistente per gli stranieri Extra UE (+14,9%) che per gli UE (+5,8%).

Dati positivi, dunque, ma non mancano delle criticità relative al lavoro dei migranti, fra cui:

  • disparità di genere: le donne migranti hanno tassi di occupazione (47,5%), disoccupazione (15,2%) e inattività (43,8%);
  • una forte concentrazione dei lavoratori stranieri in profili esecutivi (oltre il 75% dei dipendenti ha la qualifica di operaio), con retribuzioni medio-basse;
  • sovra qualificazione: la quota di stranieri laureati occupati in una professione che richiede competenze medio-basse è pari al 60,2% tra i cittadini Extra UE e al 42,5% tra gli UE (per gli italiani è del 19,3%)

In questo contesto, comprende e gestire la diversità in gruppi di lavoro multiculturali diventa fondamentale.

Fra le iniziative volte ad agevolare l’integrazione e lo scambio fra comunità differenti, rientra il corso in Gestione della Diversità Interculturale nel Mondo del Lavoro (GEDIMOL), dell’Università degli Studi di Milano, che si svolgerà tutti i giovedì dal 9 maggio all’11 luglio 2024. 

Ne abbiamo parlato con la prof.ssa Alessia Di Pascale, ordinaria di Diritto dell’Unione europea presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegna Diritto degli stranieri e EU Migration and Asylum Law. Avvocato del foro di Milano dal 2002, Di Pascale dal 2019 è, inoltre, stata inserita nel progetto #100esperte come una delle maggiori esperte in Italia nel campo delle politiche europee in tema di migrazioni.

Quanto è importante oggi parlare di multiculturalità sul lavoro e quali possono esseri i rischi di non farlo?

La multiculturalità costituisce oggi un elemento cruciale. Il luogo di lavoro è uno degli ambiti in cui l’individuo “svolge la sua personalità”, per dirlo con le parole della Costituzione. È possibile creare luoghi di lavoro inclusivi, mettendo al centro la persona, non solo riconoscendone le esigenze, ma valorizzando la sua unicità e l’importante contributo che può apportare alla comunità in cui opera, anche in ragione della sua origine.

Gestire la diversità culturale vuole dire rafforzare la capacità di convivenza tra le persone, migliorare la comunicazione aziendale e promuovere una cultura aziendale inclusiva. Non farlo, può generare incomprensioni, tensioni e anche conflitti interpersonali, che non possono che avere effetti negativi.

Quali sono le opportunità e le sfide di un ambiente interculturale in un’azienda?

Facilitare l’incontro tra persone con background differenti non è sempre semplice, non solo per via di pregiudizi, ma anche perché ciò che è considerato corretto ed appropriato in una cultura può risultare fuori luogo, sbagliato o addirittura offensivo in un’altra. La globalizzazione e l’intensificazione dei flussi migratori ci pongono nuove sfide, richiedendoci di confrontarci con queste dinamiche complesse. Questa però può essere una grande opportunità.

Da esperienze diverse, da più metodi di lavoro e da un modo di approcciare problemi si possono sviluppare soluzioni differenti, più efficienti. Un approccio multiculturale può essere anche la chiave per le aziende per espandere il proprio mercato anche all’estero e, allo stesso tempo, per attrarre lavoratori provenienti da altri Paesi. Può costruire un circolo virtuoso fatto di scambi, collaborazione e crescita personale e professionale.

Per molto tempo l’esclusione, anche inconsapevole, di profili per le loro esigenze particolari e per situazioni di fragilità ha impoverito il mercato del lavoro. Sono invece risorse preziose e hanno competenze ed esperienze che possono arricchire l’azienda, oltreché la comunità.

Quali sono, secondo lei, le caratteristiche oggi indispensabili per lavorare in contesti multiculturali?

Genere, origine nazionale, status socioeconomico, sono solo alcuni degli aspetti che possono avere ripercussioni importanti sul trattamento delle persone sul luogo di lavoro e, più in generale, nella conduzione dei rapporti sociali. Per queste ragioni, sensibilizzare i responsabili risorse umane, i manager, gli operatori su come confrontarsi con le diversità, e in qualche caso con le vulnerabilità, e su come trattarle con apertura ed empatia è uno dei nostri obiettivi principali.

Un primo passo importante è quello di prendere coscienza e saper riconoscere le diversità che caratterizzano gli individui e delle conseguenze che queste differenze possono produrre nel rapporto con gli altri.

L’utilizzo di un linguaggio attento, sensibile e soprattutto comprensibile per l’interlocutore sono elementi importanti delle politiche sull’inclusione. Anzi sono le chiavi per il successo di una strategia comunicativa, non soltanto con il pubblico, ma anche nel contesto delle dinamiche aziendali.

Sono tutti strumenti di quella che si può definire “intelligenza interculturale”: sviluppare competenze e capacità per interagire con persone di origine culturali diverse, valorizzando la loro esperienza ed orientandosi nella complessità delle relazioni per trarne un beneficio collettivo.

Proprio per dare degli strumenti a chi opera in realtà interculturali, nasce il corso di UNIMI dedicato alla gestione della diversità interculturale sul lavoro. A chi è rivolto il corso, quali obiettivi si pone e quali saranno i campi di insegnamento?

Il corso è nato all’interno del progetto di Inclusione accademica di Human Hall, hub per l’inclusione e l’innovazione sociale del nostro ateneo. Quest’anno il percorso è completamente gratuito grazie a finanziamenti europei (PNRR – ecosistema MUSA Scarl e fondi Jean Monnet).

Abbiamo creato il corso rivolgendoci alle figure professionali che si trovano a confrontarsi con realtà interculturali. Penso ad esempio a specialisti/e in risorse umane, imprenditori e imprenditrici, operatori/trici di servizi di accoglienza o policy-makers. L’obiettivo è quello di dotare i/le professionisti/e di strumenti utili per gestire contesti sociali complessi e favorire la creazione di un ambiente lavorativo in grado di comprendere, includere e valorizzare lavoratori e lavoratrici che presentano profili di vulnerabilità o provengono da aree geografiche a rischio.

Le lezioni si articoleranno in 5 moduli, con l’obiettivo di sviluppare competenze che spaziano dalla psicologia transculturale, ai processi di comunicazione inclusiva, al diritto dell’immigrazione, fino agli aspetti relativi alla gestione delle risorse umane in team multiculturali e a quelli economico-finanziari e gestionali.

Insieme alle lezioni teoriche, sono previste attività dal taglio pratico che permetteranno di mettersi subito alla prova in scenari multiculturali complessi e di agevolare l’incontro tra le competenze di professionisti provenienti da realtà differenti, rendendo il corso più dinamico ed accessibile.

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