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Bias e pregiudizi: quali sono quelli più comuni nel mondo HR

L’essere umano, per natura, è soggetto a bias e pregiudizi che possono portare a errori di valutazione o mancanza di lucidità nell’esprimere un giudizio. Questo accade spesso anche in ambito HR. Quali sono i principali bias cognitivi a cui sono esposti i recruiter?

Pregiudizi e recruiting: come evitare di commettere errori in fase di selezione del personale

I recruiter sono delle figure professionali che operano in ambito HR e che hanno il compito di cercare e selezionare il personale in azienda, attraverso un’attenta scrematura dei candidati.

Si tratta di un’attività piuttosto complessa e delicata, che può nascondere numerose insidie. Tra le varie cose, per evitare di commettere errori in fase di valutazione dei candidati, il recruiter dev’essere in grado di riconoscere quali sono i principali bias e pregiudizi in cui è possibile inciampare.

Per bias cognitivi, s’intendono infatti delle “distorsioni della realtà” a cui ogni essere umano è sottoposto, e che possono portare a fare delle scelte basate su stereotipi e preconcetti tipici della nostra società.

Quali sono i bias e i pregiudizi più comuni nel mondo HR?

  1. Effetto recency: quando il recruiter tende a preferire l’ultimo candidato, perché ha un ricordo più fresco della sua presentazione;
  2. Effetto di semplice esposizione o “familiarità”: quando il recruiter preferisce un candidato perché già conosciuto o perché ha delle caratteristiche in comune;
  3. Effetto primacy: detto anche “effetto della prima impressione”, in cui per l’appunto si tende a scegliere un candidato sulla base della prima impressione;
  4. Bias di conferma: in cui il recruiter tende a scegliere un candidato che manifesta opinioni o ha avuto una storia personale simile alla sua;
  5. Stereotipi o pregiudizi impliciti: che funzionano generalmente per associazioni, come “non ha finito la scuola, quindi sarà un asino”;
  6. Effetto alone: simile allo stereotipo, è paragonabile al motto “vede solo ciò che vuole vedere”;
  7. Effetto framing: quando il selezionatore pensa di conoscere tutto del candidato, nonostante le poche informazioni acquisite;
  8. Effetto di contrasto: questo pregiudizio porta a sottovalutare o sopravalutare il candidato in base alle impressioni avute dai candidati precedenti;
  9. Bias della straordinarietà: con il quale il recruiter tende a valorizzare qualcuno rispetto a un’abilità o una caratteristica giudicata da lui stesso fuori dalla norma;
  10. Cinismo naive: quando il giudizio viene influenzato troppo dalle emozioni;
  11. Bias dell’entomoglogo: quando, al contrario del cinismo naive, le scelte non tengono conto del lato emotivo;
  12. Effetto Dunning-Krugher: quando il recruiter tende a sopravvalutare le proprie capacità.

È possibile attraverso l’AI selezionare il personale in modo del tutto imparziale?

Con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, in molti credono che l’AI finirà col sostituire il lavoro delle persone, compreso quello degli addetti al settore HR.

In verità, però, al momento questo non sembra l’immediato scenario futuro. Sicuramente il mondo delle risorse umane ha tratto un grande beneficio dall’uso della tecnologia per semplificare la selezione del personale, ma non può delegare del tutto questa mansione all’Intelligenza Artificiale.

Nel 2021, infatti, la Commissione Europea ha rilasciato una bozza ufficiale riguardante l’approccio europeo sull’Intelligenza Artificiale, sostenendo che rappresenta una grande opportunità per le risorse umane, ma se non adeguatamente controllata potrebbe anch’essa incorrere in pregiudizi, poiché i dati utilizzati per addestrare i sistemi di AI si basano su decisioni umane, che potrebbero essere soggetto a bias e pregiudizi.

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