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Lasciare il lavoro: dal licenziamento alle dimissioni, cosa sta cambiando? 

Nell’attuale mercato del lavoro licenziamento e dimissioni risultano in netto aumento. I dati sono sorprendenti: 2,2 milioni di italiani nel 2022 hanno deciso di dare le dimissioni e oltre 750 mila italiani sono stati licenziati.

Licenziamento e dimissioni: 2,2 milioni di italiani lasciano il posto di lavoro

Secondo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nel 2022 un totale di 2,2 milioni di persone hanno lasciato il loro lavoro, superando di 1,9 milioni il numero dell’anno precedente. Inoltre, sempre secondo i dati del Ministero, 750 mila persone sono state licenziate, registrando un aumento del 34% rispetto al 2020.

Un’indagine condotta da Harris Poll ha rivelato che circa il 20% delle persone appartenenti alla Generazione Z e il 15% dei Millennials sarebbe felice di essere licenziato. Un rapporto di LinkedIn, invece ha evidenziato che il 61% dei lavoratori sta prendendo in considerazione l’idea di lasciare il proprio lavoro.

Un recente studio condotto da Zety, intitolato “Lasciare il lavoro: licenziamento e dimissioni, ha rivelato che il 90% dei 1.000 impiegati intervistati ha lasciato il proprio lavoro nel 2023. I giovani sotto i 25 anni sono i primi ad abbandonare, mentre le persone con più di 10 anni di esperienza rinunciano a causa della mancanza di opportunità di crescita professionale.

Più del 64% degli intervistati che lavoravano in aziende con oltre 501 dipendenti hanno deciso di lasciare il proprio posto di lavoro. Il 76% si è licenziato almeno una volta nella vita, anche se 1 su 3 ha deciso di nasconderlo per imbarazzo.

Meglio dimettersi o essere licenziati?

Nel mercato attuale del lavoro ci sono sempre più persone che si chiedono se sia meglio lasciare il proprio lavoro volontariamente o essere licenziati.

Secondo i dati raccolti da Zety, la percentuale di entrambe le opzioni è aumentata in modo significativo, con molte persone che scelgono di abbandonare il proprio impiego in cerca di nuove opportunità o di una maggiore realizzazione professionale.

Secondo il 51% degli intervistati, lasciare volontariamente il proprio lavoro è il modo migliore per terminare il rapporto con un’azienda. Il 31%, invece, ha dichiarato di preferire il licenziamento, mentre il 18% pensa che le due opzioni siano equivalenti.

Tuttavia, in alcuni casi essere licenziati può comportare l’accesso a sussidi statali, cosa che può tornare molto utile. Da svariate ricerche emerge, però, che il licenziamento provoca un notevole stress nell’ex dipendente, che si trova ad affrontare un futuro incerto.

Quali sono i motivi per cui si può essere licenziati?

I principali motivi per cui un datore di lavoro decide di interrompere il rapporto lavorativo riguardano prevalentemente: l’assenza di professionalità; la scarsa collaborazione in team; l’incapacità di imparare dagli errori; l’esistenza di una relazione amorosa con un/a collega; la mancanza di responsabilità o il mancato rispetto dei valori aziendali.

Viceversa, tra le principali motivazioni che spingono i lavoratori a dare le dimissioni figurano: il desiderio di cambiare carriera o settore per la perdita di interesse o la noia per il lavoro; lo stress e la pressione sul posto di lavoro; problemi di salute fisica o mentale; mancanza di rispetto o comfort sul posto di lavoro; conflitti con il proprio manager.

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