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lavoratori italiani

Il 50% dei lavoratori italiani resta nello stesso posto tutta la vita 

Un alto numero di lavoratori italiani rimane a lungo nello stesso posto di lavoro, anche tutta la vita. Più del 50% lavora per la stessa azienda da oltre 10 anni. In Europa siamo quelli che fanno più fatica a cambiare occupazione, secondi soltanto ai greci.

Più della metà dei lavoratori italiani lavora per la stessa azienda da oltre 10 anni

Nonostante i cambiamenti che hanno contraddistinto il mercato del lavoro nell’ultimo periodo, la cultura del “posto fisso” non passa mai di moda in Italia. Il nostro Paese si distingue ancora una volta per la tendenza da parte delle persone a rimanere a lungo nello stesso posto di lavoro.

Secondo i dati Eurostat, il 52,6% dei lavoratori italiani lavora per la stessa azienda da più di 10 anni. In questa speciale classifica, il nostro Paese si posiziona al secondo posto, dietro soltanto alla Grecia, con il 54%. Viceversa, l’Italia è il primo paese in Europa con la percentuale più bassa di lavoratori che rimangono per meno di un anno nello stesso luogo di lavoro.

Questi dati indicano la tendenza da parte dei lavoratori italiani di cambiare poco e di mettere la stabilità lavorativa al centro delle loro priorità. Quello che non succede nei paesi del Nord Europa come Finlandia, Danimarca e Svezia, dove si tende a cambiare occupazione in modo più frequente.

La complessa dualità del mercato del lavoro in Italia

Tuttavia, il mercato del lavoro in Italia si caratterizza per un evidente dualismo.

Da un lato ci sono i lavoratori assunti prima della liberalizzazione del mercato del lavoro, avvenuta nel primo decennio degli anni 2000, i quali beneficiano generalmente di contratti a tempo indeterminato e maggiori tutele contrattuali. Dall’altro, invece, ci sono i lavoratori assunti in seguito, spesso impiegati con contratti temporanei e precari.

Non a caso, nel corso degli ultimi vent’anni il numero di lavoratori con contratti a termine è aumentato in modo considerevole, passando da 1,8 milioni a oltre 3 milioni. Viceversa, le assunzioni a tempo indeterminato sono rimaste pressoché invariate, attestandosi intorno ai 15 milioni circa.

La liberalizzazione del mercato del lavoro, se da un lato ha portato a una moderata riduzione della disoccupazione che ha colpito il Paese tra il 2008 e il 2012, d’altro ha contribuito all’aumento del precariato, che ha colpito soprattutto i più giovani.

Una questione generazionale

Il posto fisso, quindi, resta una prerogativa principalmente di una fetta di popolazione di lavoratori adulti. Mentre le nuove generazioni cercano nelle aziende maggiori opportunità di crescita e la possibilità di lavorare da remoto.

Il tempo libero e le relazioni personali ricoprono un ruolo centrale nella vita dei più giovani. Ciò li spinge a cambiare lavoro in modo più frequente e a trovare soluzioni più idonee alle loro esigenze.

Sebbene con proporzioni inferiori rispetto agli Stati Uniti, il fenomeno delle “Grandi Dimissioni” ha attecchito anche nella nostra Penisola, influenzando soprattutto le fasce più giovani, che guardano al posto fisso talvolta come a una costrizione o a una formula superata.

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