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Davide Uberti (Gympass): “Il 96% dei dipendenti ha sofferto di burnout, con conseguenze su engagement, assenteismo e produttività. Ecco i nostri suggerimenti per prevenirlo”

Sempre più imprese hanno compreso l’importanza di investire nel benessere psico-fisico dei dipendenti. Si scelgono iniziative per combattere la sedentarietà, ma anche mindfullness, attività per le neomamme e per i bambini, nutrizione salutare e buone abitudini come smettere di fumare

L’anno appena trascorso ha radicalmente rivoluzionato il mondo del lavoro, accelerando processi già in atto, ma anche rendendo possibile quello che in epoca pre-Covid non lo era. Per esempio ci si è resi conto di come le attività possano tranquillamente essere svolte da remoto, con riunioni a distanza e corsi di formazione online. Ma cosa ha comportato per i dipendenti? Gympass, piattaforma di corporate wellness attiva in tutto il mondo specializzata nella tutela della salute psicofisica dei lavoratori, ha recentemente diffuso uno studio per comprendere un fenomeno diventato molto comune, il cosiddetto “burnout”, lo stress cronico mal gestito sul posto di lavoro. Per approfondire i risultati della ricerca e capire quali strategie è possibile mettere in atto da parte delle imprese per garantire l’equilibrio psico-fisico dei dipendenti abbiamo intervistato Davide Uberti, Client Sales Manager di Gympass.   

Sindrome da burnout: un tema di cui si sente spesso parlare, che molti hanno più o meno consapevolmente sperimentato, ma che non tutti conoscono a fondo. Può aiutarci a capire meglio di cosa si tratta? Ci sono dei segnali per riconoscere il “burnout” in un dipendente? E quali sono le conseguenze?    
Prima di soffermarci sul burnout è necessario capire la differenza con il termine “stress”: lo stress si manifesta in situazioni ben precise, cioè quando qualcuno affronta sfide stressanti ripetute tante volte, il burnout generalmente si manifesta come conseguenza. La sindrome del burnout quindi si rivela quando qualcuno giunge al limite delle sue forze mentali, emozionali e fisiche, una sorta di esaurimento provocato dallo stress prolungato. È relativamente semplice percepire quando si sta sotto stress, non è così semplice riconoscere quando il burnout si manifesta.
Volendo riassumere i sintomi più frequenti del burnout sono: esaurimento fisico e mentale, apatia, senso di inefficienza e una bassa soddisfazione per il proprio lavoro svolto.

Ci può raccontare le principali evidenze della ricerca che avete condotto sul tema “burnout”? Quanto la nuova organizzazione del lavoro ha aggravato la situazione?    
Dai nostri studi il 96% dei dipendenti hanno affrontato sintomi da burnout, la metà di questi periodicamente. Se a questi dati si aggiunge che il 48% dei dipendenti non sarebbe a suo agio nel dichiarare il proprio malessere ad un superiore o al proprio manager possiamo renderci conto di quanto sia allarmante la situazione.
La generazione più colpita in percentuale è quella dei Millennials rispetto a quella di generazioni precedenti.
I recenti cambiamenti nello stile di vita dovuti all’emergenza sanitaria e il lavoro da remoto “forzato” hanno aumentato esponenzialmente i casi di burnout. Una combinazione di fattori che comprende meno tempo libero, perdita di interazione sociale e mancanza di trasparenza rispetto alle aspettative professionali.

Quali suggerimenti è possibile dare ai manager e ai responsabili delle risorse umane per una migliore gestione dei dipendenti?   
Il Burnout ha un elevato impatto su una serie di indicatori relativi alle risorse umane quali l’engagement dei dipendenti, l’assenteismo, la produttività e il turnover (i dipendenti colpiti sono 2,6 volte più propensi a cambiare lavoro).

I nostri suggerimenti sono:

  • Stimolare l’equilibrio tra vita personale e professionale
  • Aiutare i dipendenti a comprendere il valore che apportano all’azienda con feedback continui
  • Richiedere aiuto ai professionisti con terapie, sedute e soluzioni di benessere fruibili da qualsiasi luogo
  • Promuovere attività fisiche, condividere consigli sulla nutrizione sana e su come dormire meglio.

Più in generale nel mondo sono sempre di più le imprese che investono nel benessere psico-fisico dei dipendenti, avendone compreso i benefici anche sulla produttività. L’Italia come si posiziona rispetto a questo approccio? Le nostre aziende avevano già sviluppato questa sensibilità o la stanno sviluppando solo a seguito della pandemia? E quali sono le iniziative che le imprese prediligono scegliere per i propri dipendenti?
Negli ultimi anni abbiamo visto nel mondo, ma soprattutto in Italia, un interesse maggiore per il benessere psico-fisico delle risorse aziendali, che ci ha consentito di strutturare oltre 100 partnership (+2.000 nel mondo) con aziende che hanno scelto di investire per combattere la sedentarietà all’interno delle proprie organizzazioni.
In questo percorso, il 2020 ha segnato un anno di svolta portando l’attenzione delle risorse umane su un tema forse ancor più rilevante, ovvero la salute mentale delle persone.
In tal senso, nell’ultimo anno abbiamo scelto di rinnovare la nostra piattaforma con servizi orientati alla mindfullness, il controllo del sonno, attività per le neomamme e per i bambini, nutrizione salutare e buone abitudini come smettere di fumare. Siamo convinti che sarà sempre più cruciale l’impatto del contesto sociale-lavorativo nella vita delle persone, per questo crediamo che oggi le iniziative di successo siano quelle pensate per un Wellbeing a 360°, che abbracci il benessere fisico, mentale e sociale all’interno dell’organizzazione.

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