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L’AI fa bene o male al lavoro?

Lo sviluppo del mercato dell’AI sta influenzando inevitabilmente il mondo del lavoro. Molte aziende hanno già integrato i sistemi di Intelligenza Artificiale nella propria organizzazione con risultati soddisfacenti, ma c’è preoccupazione per il futuro.

AI e lavoro: aziende e lavoratori soddisfatti

Lo sviluppo dell’AI è al centro del dibattito pubblico e in particolare per quanto riguarda il suo impatto sul mondo del lavoro. Il tema è stato preso in considerazione anche da un recente studio dell’Ocse, intitolato, “Intelligenza Artificiale e lavoro”, che ha evidenziato come potrebbe cambiare il mondo del lavoro a seguito di un ulteriore sviluppo dell’Intelligenza Artificiale.

Nonostante l’utilizzo dell’AI sia ancora piuttosto limitata, allo stato attuale le aziende stanno beneficiando di questo nuova tecnologia. Nello specifico, l’Ocse ha rilevato che nei settori manifatturiero e finanziario di sette paesi (Austria, Canada, Francia, Germania, Irlanda, Regno Unito e Stati Uniti d’America) c’è una generica soddisfazione rispetto all’utilizzo dei sistemi AI sia lato aziende, che dipendenti.

Lo studio ha evidenziato un miglioramento generale della produttività, alla quale si aggiunge un miglioramento dello stato mentale e fisico dei lavoratori, che in linea di massima hanno abbandonato le mansioni noiose e routinarie per concentrarsi su quelle a maggior valore aggiunto.

Guardando al futuro, però, si riscontrano molte preoccupazioni rispetto alla scomparsa di alcune professioni e a una possibile disoccupazione.

La preoccupazione aumenta con il passare degli anni

Secondo dati attuali, dopo la pandemia il mercato del lavoro è ritornato a crescere, con tassi di disoccupazione in diminuzione. Tuttavia, l’implementazione dei sistemi di Intelligenza Artificiale nelle aziende ha creato preoccupazione tra gli addetti ai lavori. L’espansione dell’AI, infatti, potrebbe automatizzare molte professioni, con un conseguente impatto sui costi di produzione e sui salari.

Lo studio dell’Ocse ha evidenziato che le professioni a rischio sono principalmente quelle a bassa qualifica ed esperienza. Si tratta ad esempio di giovani avvocati, periti assicurativi, bancari, segretari d’ufficio, customer center e programmatori in erba. Negli Stati Uniti, queste figure professionali cominciano ad essere già sostituite dall’AI generativa.

L’Ocse ha stimato, inoltre, una possibile perdita occupazionale del 27% degli attuali posti di lavoro. In Italia questa percentuale arriva al 30,1%. Stando al sondaggio, il 63% dei lavoratori ha paura di perdere il proprio posto di lavoro, a causa dell’Intelligenza Artificiale, nei prossimi 10 anni.

Come mitigare il rischio disoccupazione

L’Ocse ha delineato anche alcune soluzioni per mitigare il rischio disoccupazione e evitare la crescita delle diseguaglianze. In quest’ottica, organizzazioni e istituzioni dovranno essere in grado di sostenere i lavoratori a basso reddito con politiche salariali adeguate; sostenere un mercato del lavoro inclusivo e un utilizzo sicuro delle applicazioni AI; garantire formazione sull’Intelligenza Artificiale ai lavoratori meno qualificati e più anziani.

È necessario studiare il cambiamento in atto e predisporre la società a un adattamento che non crei scompensi e non lasci indietro i lavoratori meno qualificati, con una responsabilità sia delle aziende, che dei Governi.

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