Attraverso le indagini pre-assunzionali è possibile effettuare una verifica approfondita delle informazioni professionali di un candidato, prima o durante il processo di selezione, ma come si conciliano con la normativa sulla privacy?
Oltreoceano, negli USA soprattutto, le indagini pre-assunzionali sono una prassi consentita e comune, in Europa e in Italia in particolare, invece, sono poco diffuse, anche per via della normativa sulla privacy e dello Statuto dei Lavoratori che limitano la quantità e tipologia di informazioni che possono essere raccolte.
Questo tipo di indagini può avere rilevanza in caso di concorrenza sleale, frodi perpetrate da persone interne all’organizzazione, disonestà o inefficienza. Tutte situazioni che possono generare non danni economici importanti e pregiudicare la reputazione aziendale. Come vengono svolte e quando sono consigliabili? Lo abbiamo chiesto a Domenica Russo, Head of HR & Risk Prevention di Excursus Group, realtà che si occupa di investigazioni aziendali.
Cosa si intende esattamente per indagini pre-assunzionali?
Le indagini pre-assunzionali sono un’attività di verifica approfondita delle informazioni fornite da un candidato nel corso del processo di selezione, che può avvenire sia prima che durante il reclutamento, e in alcuni casi anche dopo l’offerta, ma prima della formalizzazione dell’assunzione.
Queste indagini vanno ben oltre la semplice lettura del curriculum vitae: includono la conferma delle esperienze lavorative dichiarate, la verifica delle competenze, l’autenticità delle referenze fornite, fino ad arrivare all’analisi della reputazione online. L’obiettivo principale è mitigare i rischi legati a frodi, disonestà o mancanza di adeguate competenze, che potrebbero avere un impatto negativo sull’organizzazione.
Per chi, come me, lavora nella gestione delle risorse umane e nella prevenzione dei rischi, si tratta anche di un dovere etico e legale: evitare l’assunzione negligente è fondamentale. Un errore in fase di selezione può tradursi in problemi operativi, danni reputazionali o addirittura conseguenze legali. Le indagini pre-assunzionali, se condotte nel rispetto della normativa vigente e della privacy del candidato, sono quindi uno strumento indispensabile per compiere scelte consapevoli e responsabili.
Come vengono effettuate?
Le nostre indagini pre-assunzionali si avvalgono di metodologie avanzate basate su tecniche di OSINT (Open Source Intelligence) e HUMINT (Human Intelligence). Questo approccio ci consente di raccogliere informazioni preziose e talvolta non immediatamente accessibili, al fine di valutare con maggiore accuratezza l’affidabilità, l’integrità e la coerenza del profilo di un candidato.
Grazie all’OSINT, analizziamo fonti pubbliche disponibili online — come social media, notizie, registri ufficiali — per ottenere una panoramica dettagliata della reputazione digitale e del comportamento pubblico del candidato. Parallelamente, l’HUMINT ci permette di acquisire insight umani attraverso il contatto diretto con referenti professionali, ex colleghi o altri soggetti che possano fornire riscontri qualitativi sulla persona.
Questo doppio binario ci aiuta a individuare incongruenze tra quanto dichiarato e la realtà dei fatti, così come eventuali segnali di rischio o vulnerabilità che potrebbero sfuggire ai tradizionali processi di selezione. L’obiettivo è chiaro: supportare le aziende nel prendere decisioni più sicure e consapevoli, tutelando il proprio business e riducendo i rischi legati a una scelta errata.
Come si conciliano con la normativa sulla privacy?
In Italia e in Europa, la normativa sulla protezione dei dati personali — in particolare il GDPR — non disciplina in modo specifico le indagini pre-assunzionali, ma ne definisce chiaramente i confini attraverso i suoi principi generali. Questo significa che tali attività sono lecite solo se condotte nel rispetto della privacy del candidato e dei criteri di liceità, correttezza e trasparenza.
Le indagini pre-assunzionali possono essere svolte senza il consenso esplicito del candidato, ma solo quando si basano su informazioni pubblicamente accessibili. Parliamo ad esempio di:
- dati pubblici come visure camerali, eventuali procedure concorsuali o partecipazioni societarie;
- fonti aperte quali articoli di stampa, blog, forum o contenuti pubblici sui social media;
- informazioni professionali disponibili su piattaforme come LinkedIn o registri di albi professionali.
Diversamente, quando si intendono raccogliere dati non pubblici — ad esempio contattando ex datori di lavoro o colleghi — allora è necessario il consenso esplicito del candidato. Questo perché si entra nell’ambito della gestione di dati personali non liberamente accessibili, la cui raccolta è soggetta a vincoli normativi stringenti, incluso il rispetto dello Statuto dei Lavoratori.
È inoltre importante ricordare che, in alcuni casi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL), può essere richiesta la presentazione del casellario giudiziale. In tal caso, è il candidato stesso a doverlo fornire su richiesta, e il datore di lavoro non può ottenerlo autonomamente.
In sintesi, la conformità normativa è un pilastro fondamentale del nostro lavoro: proteggere il business non può e non deve mai avvenire a discapito dei diritti delle persone.
Questo genere di indagini è diffuso in Italia?
Negli Stati Uniti, i cosiddetti pre-employment background check (PBC) sono una pratica ampiamente diffusa e perfettamente integrata nei processi di selezione. In Europa, e in particolare in Italia, la situazione è diversa: la normativa sulla privacy e lo Statuto dei Lavoratori impongono limiti ben precisi sulla quantità e la natura delle informazioni che è possibile raccogliere, rendendo questo tipo di attività più delicata e regolamentata.
Nonostante questi vincoli, anche in Italia le indagini pre-assunzionali stanno guadagnando sempre più spazio, specialmente in contesti aziendali complessi e ad alta esposizione al rischio. Questo è dovuto a un fenomeno globale: la crescita della concorrenza sleale, l’aumento dei fallimenti aziendali e l’incidenza di episodi legati a frodi interne, disonestà o inefficienza dei dipendenti.
Si tratta di problemi che non generano solo danni economici diretti, ma anche conseguenze reputazionali significative — che, a loro volta, si traducono in perdite finanziarie e di fiducia da parte del mercato e degli stakeholder.
Per questo motivo, soprattutto per le posizioni apicali come CFO, COO, CSO o altri ruoli ad alta responsabilità, una selezione accurata e approfondita diventa imprescindibile. Le aziende non possono permettersi errori strategici nella scelta delle persone cui affidano asset critici, e le indagini pre-assunzionali si confermano uno strumento essenziale per ridurre i rischi e tutelare il valore dell’organizzazione.
Quando le indagini pre assunzionali sono consigliabili e quali rischi si possono evitare facendole?
Le indagini pre-assunzionali sono particolarmente consigliabili quando si devono selezionare figure chiave, ruoli di responsabilità o profili che avranno accesso a informazioni sensibili, risorse strategiche o processi critici all’interno dell’organizzazione. In questi casi, assumere la persona sbagliata può avere conseguenze molto gravi, sia in termini economici che reputazionali.
Se è vero che i processi di digitalizzazione e l’ampia diffusione del lavoro da remoto hanno ampliato la superficie d’attacco dal punto di vista informatico, l’osservazione dei dati raccolti attraverso le indagini che svolgiamo ogni anno per i nostri clienti ci dice altro: le minacce più dannose arrivano ancora oggi in larga parte dall’interno, da persone, non da sistemi.
Parliamo di comportamenti negligenti, scorrettezza professionale, conflitti di interesse non dichiarati o vere e proprie frodi. Sono rischi reali, spesso sottovalutati, che non emergono attraverso un colloquio o la semplice lettura di un CV. Eppure, hanno il potere di compromettere la stabilità, la sicurezza e la reputazione di un’intera azienda.
Le indagini pre-assunzionali permettono di intercettare questi segnali prima che sia troppo tardi, offrendo una base più solida e sicura su cui costruire il rapporto di lavoro. In sintesi, non si tratta di un controllo fine a sé stesso, ma di un vero e proprio strumento di prevenzione, che tutela l’organizzazione nel lungo periodo.
Ci sono dei segnali che dovrebbero insospettire gli HR manager e indurli a effettuare delle verifiche?
Assolutamente sì. Ci sono indicatori comportamentali e informativi che, se presenti, dovrebbero accendere un campanello d’allarme nei responsabili HR, inducendoli a effettuare verifiche più approfondite. In alcuni casi, infatti, questi segnali possono essere spie di potenziali rischi, come tentativi di spionaggio industriale, conflitti di interesse o semplicemente una volontà di mascherare informazioni critiche per la selezione.
Tra i segnali più rilevanti che osserviamo nel nostro lavoro quotidiano, ce ne sono cinque in particolare a cui prestare attenzione:
1. mancanza di referenze verificabili, se il candidato non è in grado di fornire contatti o riferimenti attendibili rispetto alle sue esperienze lavorative passate, è opportuno indagare ulteriormente;
2. esperienze vaghe o poco chiare, descrizioni generiche dei ruoli ricoperti, responsabilità non ben definite o assenza di dettagli specifici possono celare incongruenze o esperienze non reali;
3. disallineamento tra LinkedIn e CV, differenze significative tra quanto riportato nel profilo LinkedIn e nel curriculum ufficiale sono un segnale da non ignorare, perché possono indicare una costruzione artificiosa del percorso professionale;
4. amicizie sospette sui social, se il candidato è connesso in modo anomalo con molte persone appartenenti a società concorrenti, può essere utile valutare se esistano legami professionali che potrebbero rappresentare un rischio;
5. domande “curiose” durante il colloquio, quando un candidato pone domande molto specifiche su politiche aziendali, progetti riservati, strategie o clienti, può trattarsi di semplice interesse o di un intento meno trasparente.
Riconoscere questi segnali e non sottovalutarli è fondamentale per tutelare l’azienda. Una verifica tempestiva e ben condotta può evitare problemi futuri, anche gravi, e contribuire a creare un ambiente di lavoro più sicuro, affidabile e sostenibile.