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Switcher vs stayer: le motivazioni di chi resta e di chi se ne va

Retribuzioni inadeguate, scarsa flessibilità e poche opportunità di crescita sono le principali motivazioni che spingono le persone a cambiare lavoro. Ma il 25% degli italiani ha paura di restare a piedi. L’indagine di Ranstad.

Switchers vs stayers: come cambia il mondo del lavoro tra preoccupazioni e nuove opportunità

Switcher e stayer‘ definiscono due tipologie di persone: chi ha deciso di cambiare lavoro e chi preferisce starsene dov’è.

Secondo una ricerca di Ranstad, dal titolo “Employer brand research 2023”, gli italiani che hanno cambiato lavoro negli ultimi 6 mesi rappresentano il 13% del totale. Il 24%, invece, prevede di farlo nei prossimi 6 mesi, per un totale di oltre un lavoratore su tre in cerca che si potrebbe definire ‘switcher’.

Se da un lato, però, c’è chi vuole cambiare impiego (e magari vita) spinto dall’idea di coltivare dei progetti personali o di trovare maggiori stimoli altrove, dall’altro c’è chi ha paura di cambiare o peggio di perdere il lavoro da un momento all’altro.

In questo senso, un dipendente su quattro preferisce stare dove sta ed è preoccupato di perdere il lavoro. Le donne in particolare hanno più timore di perdere il proprio posto (31% contro il 21% degli uomini). In generale, questa preoccupazione diminuisce con l’abbassarsi dell’età e l’aumentare del livello d’istruzione.

Perché le persone voglio cambiare?

Con la pandemia il mercato del lavoro ha decisamente cambiato pelle. In particolare, è cambiato anche il modo di approcciarsi al lavoro da parte delle persone.

Nel corso di questi ultimi tre anni abbiamo assistito al fenomeno della Great Resignation. Molti dipendenti si sono licenziati per avviare un’attività in proprio o per cercare altrove nuovi stimoli professionali.

Il rapporto vita privata-vita lavorativa è diventato un punto cruciale nella ricerca di una nuova occupazione. La pandemia, infatti, ha evidenziato i limiti di un modo ‘antiquato’ di intendere il lavoro, che non è in grado di adattarsi ai ritmi della quotidianità e della vita extra lavorativa e famigliare. A questo vi si aggiunge l’aspetto economico. Gli stipendi si dimostrano inadeguati rispetto al costo attuale della vita.

Fattori che sono stati tutti evidenziati dall’indagine di Ranstad. Il 40% delle persone che ha cambiato lavoro o ha intenzione di farlo nei prossimi sei mesi ha lamentato una retribuzione troppo bassa. Si tratta per il 43% di donne e per il 37% di uomini (a testimonianza del divario di trattamento che ancora sussiste tra i due generi).

Il 36% degli intervistati ha cambiato lavoro o vuole farlo per trovare un maggior equilibrio lavoro-vita privata. Il 28%, invece, è alla ricerca di nuove opportunità di crescita e di carriera.

Le aziende sono quindi avvisate. Per evitare di perdere talenti, e per attrarne di nuovi, dovranno essere in grado di adottare delle politiche aziendali in grado di coinvolgere i propri dipendenti e di metterli nelle condizioni più appropriate per esprimersi al meglio.

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