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Referendum 8 e 9 giugno 2025: senza quorum resta tutto com’è

Domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025, gli elettori italiani sono stati chiamati a votare su cinque quesiti referendari abrogativi, di cui quattro riguardavano il mondo del lavoro e uno la disciplina sulla cittadinanza. Tuttavia, con un’affluenza finale del 30,58%, non è stata raggiunta la soglia minima di partecipazione prevista dalla Costituzione all’articolo 75, comma 4 (almeno il 50% più uno degli aventi diritto).

Tutti i quesiti dei referendum di 8 e 9 giugno sono stati respinti, non per il contenuto, ma per via del mancato quorum. Le leggi attualmente in vigore restano pienamente operative nella formulazione originale. Analizziamo ora, uno per uno, gli effetti concreti del mancato quorum sui temi di carattere lavoristico oggetto di referendum.

Contratto a tempo indeterminato con tutele crescenti

Il primo quesito proponeva di cancellare in toto il Decreto Legislativo 23/2015, noto come decreto sulle tutele crescenti, applicabile ai rapporti a tempo indeterminato instaurati a partire dal 7 marzo 2015. Questo regime si rivolge a:

  • lavoratori assunti (operai, impiegati e quadri) con contratto stabile dopo tale data;
  • rapporti a termine o apprendistati trasformati in contratti a tempo indeterminato;
  • aziende che, tramite nuove assunzioni, hanno raggiunto le soglie dimensionali previste dall’art. 18, commi 8 e 9, dello Statuto dei Lavoratori (oltre 15 dipendenti per sede o comune, oppure più di 60 complessivi).

L’esito del voto ha lasciato immutata la normativa, nel tempo oggetto di diversi interventi correttivi e sentenze della Corte Costituzionale, e quindi in caso di licenziamento illegittimo verranno applicate tutele essenzialmente indennitarie (ma nessuna reintegra).

Se il quesito fosse stato approvato, si sarebbe tornati alla disciplina precedente, ovvero l’applicazione dell’art. 8 della Legge 604/1966 per i piccoli datori di lavoro, e dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori per quelli più grandi, anche per le assunzioni successive al marzo 2015.

Indennità per licenziamento illegittimo nelle piccole imprese

Il secondo quesito mirava a modificare parzialmente l’art. 8 della Legge 604/1966, eliminando l’attuale criterio che prevede un’indennità risarcitoria compresa tra 2,5 e 6 mensilità, con aumenti fino a 10 o 14 mensilità per i lavoratori con maggiore anzianità e in aziende con oltre 15 dipendenti.

Tale norma si applica esclusivamente ai lavoratori assunti a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015 presso datori non soggetti all’art. 18.

Dal momento che il quorum non è stato raggiunto, resta valida la possibilità per il datore di lavoro di scegliere se reintegrare il lavoratore entro tre giorni o pagare l’indennità, la cui entità continua a seguire i limiti attuali, anche in base all’anzianità di servizio e alla dimensione aziendale.

Durata e proroga dei contratti a termine

Il terzo quesito intendeva riformare in parte il D.Lgs. 81/2015, in particolare le norme sugli Art. 19 e 21, che regolano l’apposizione del termine nei contratti a tempo determinato.

Oggi è possibile assumere a termine senza causale per una durata massima di 12 mesi. Oltre questo limite (fino a un massimo di 24 mesi), è necessario indicare motivazioni specifiche, che possono essere:

  • esigenze previste dai contratti collettivi;
  • sostituzione di lavoratori assenti;
  • esigenze tecniche, organizzative o produttive.

Con l’eventuale abrogazione, sarebbe diventata obbligatoria la causale fin dal primo contratto, riducendo così la flessibilità per proroghe e rinnovi. Poiché il referendum è fallito, resta in vigore l’attuale disciplina.

Responsabilità solidale del committente negli appalti

L’ultimo quesito sul lavoro puntava a cancellare una parte dell’art. 26, comma 4 del D.Lgs. 81/2008, norma in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Oggi, infatti, il committente non risponde in solido per i danni causati da rischi specifici propri delle attività appaltate o subappaltate.

Se il quesito fosse stato accolto, sarebbe venuta meno questa limitazione della responsabilità solidale, rendendo il committente potenzialmente sempre corresponsabile per gli infortuni o i danni subiti dai lavoratori dell’appaltatore o subappaltatore.

Siccome il referendum non ha raggiunto il quorum, la norma resta immutata e continua a escludere il coinvolgimento del committente per i rischi tipici e propri dell’attività appaltata.

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