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Per la prima volta in 700 anni La Sapienza sarà guidata da una donna: Antonella Polimeni rettore dell’ateneo più grande d’Europa

In Italia solo 7 donne su 84 rettori, maggioranza di donne tra le insegnanti e le dirigenti scolastiche, ma ancora troppo bassa la presenza nelle università. Sale il numero delle quote rosa nei CdA, ma molto è l’effetto di politiche mirate

Dopo 717 anni dalla sua fondazione a La Sapienza di Roma è stata eletta per la prima volta una rettrice. A guidare, per i prossimi sei anni, la più grande università italiana ed europea sarà Antonella Polimeni, già docente e preside della facoltà di Medicina e Odontoiatria. Prima di lei altri 47 rettori, tutti rigorosamente uomini. 

In Italia Antonella Polimeni non è la prima donna a ricoprire il ruolo, tuttavia il numero delle rettrici resta molto ridotto. Consultando il sito della Conferenza dei Rettori delle Università italiane (CRUI) emerge subito la presenza schiacciante di uomini alla guida dei nostri atenei: la Polimeni ha infatti solo 6 colleghe, a fronte di 77 colleghi uomini.

Le rettrici sono tutte nelle università del Centro Nord e alcune sono le prime a ricoprire la carica: ci sono Tiziana Lippiello alla Ca’ Foscari di Venezia, Maria del Zompo all’università di Cagliari, Giovanna Iannantuoni alla Bicocca di Milano, Sabina Nuti alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Maria Grazia Monaci in Valle D’Aosta e Giuliana Grego Bolli dell’università per stranieri di Perugia. Per risalire alla prima rettrice donna bisogna andare indietro di 28 anni, quando nel 1992 venne eletta Bianca Maria Tedeschini Lalli nell’ateneo di Roma Tre.

Sembra strano, ma – a dispetto di questi numeri – nelle università italiane ci sono più donne che uomini. Le studentesse universitarie, secondo i dati Censis, sono infatti il 55,4% e anche negli studi post-laurea il 59,3% degli iscritti a un dottorato di ricerca, un corso di specializzazione o un master è di sesso femminile. Il 24,9% delle donne si laurea con 110 e lode, contro il 19,6% dei maschi e il voto medio conseguito è più alto: 103,7 per le donne e 101,9 per gli uomini. Il 55,5% delle donne termina gli studi in corso, contro il 50,9% degli uomini.

Altissima la presenza femminile nell’insegnamento: sempre secondo il Censis nel 2018 le docenti delle scuole pubbliche – tra titolari, supplenti e insegnanti di sostegno – erano 712.527, pari all’81,7% del totale. Moltissime quote rosa anche tra i dirigenti scolastici: nel 69% dei casi sono infatti donne, contro una media dei Paesi Ocse del 47%. Unica eccezione è il mondo delle università, dove le donne docenti e ricercatrici sono solo il 40,5%. 

L’elezione di Antonella Polimeni riapre quindi il dibattito sul numero esiguo di donne che ricoprono incarichi prestigiosi e di vertice, sul divario retributivo di genere, su come certi ruoli siano quasi esclusivamente appannaggio maschile, sulla bontà o meno delle quote rosa

Un interessante report realizzato da Credit Suisse, analizzando 3000 aziende in 56 Paesi dal titolo “The CS Gender 3000 in 2019”, ha rivelato che negli ultimi 10 anni nei CdA delle grandi società la presenza femminile è aumentata del 50%. I migliori risultati sono in Nord America con il 24,7% dei consigli di amministrazione al femminile e in Europa con il 29,7%. Mentre negli Stati Uniti queste percentuali elevate di donne al vertice non derivano da interventi normativi al riguardo, in Europa l’attuale situazione è frutto di politiche mirate finalizzate a superare il divario di genere. Come per l’Italia, che occupa il quinto posto con una quota del 33,1% e che ha beneficiato della legge Golfo-Mosca del 2011 che ha posto degli obblighi per contrastare le discriminazioni nei confronti delle donne nei CdA. Prima di questa legge l’Italia era tra i peggiori Paesi Ue con solo il 6% di presenza femminile nei consigli di amministrazione delle società quotate. Credit Suisse rivela, inoltre, che oggi l’Italia detiene addirittura il primato di donne in carica di amministratore delegato, con una quota del 15%, con Francia, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti che seguono tutti sotto il 6%.

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