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Paolo Codazzi (OCTO Telematics): “Mai sottovalutare l’importanza delle persone”

Intervista al Chief HR & Organization Officer di OCTO Group sui cambiamenti portati dallo sviluppo tecnologico, il ruolo delle soft skill, l’importanza di diversità e inclusione e sulle sfide che i direttori delle risorse umane dovranno affrontare nell’era post pandemica

OCTO Telematics è un’azienda nata 20 anni fa che ha inventato il mercato della telematica per le assicurazioni ed è fornitore di servizi telematici e di soluzioni avanzate di analisi di dati per le più importanti aziende assicurative e di servizi legati a Fleet Management e Smart Mobility. Una realtà tutta italiana che, grazie alla sua strategia Vision Zero – zero incidenti, zero traffico, zero inquinamento, si prefigge l’obiettivo di contribuire alle smart city, e a una visione più verde ed ecologica del mondo. Un aspetto che si trasforma in un grande punto di forza se si punta ad attrarre i migliori talenti che dimostrano una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità e alla transizione ecologica. L’azienda, che sta crescendo anche a livello globale, ha avviato un importante piano di assunzioni battezzato “Smart Data, Smarter People” e prevede di incrementare del 30% il suo organico su figure molto avanzate in termini di contenuti tecnologici.
Abbiamo intervistato Paolo Codazzi, Chief HR & Organization Officer di OCTO Group per approfondire con lui l’evoluzione del settore con lo sviluppo tecnologico, il ruolo centrale delle soft skill, l’importanza di promuovere diversità e inclusione, e le nuove sfide che i direttori delle risorse umane dovranno affrontare nell’era post pandemica.

Dott. Codazzi, lo sviluppo tecnologico come sta cambiando il suo lavoro e, più in generale, la sua impresa?
Ci sono diversi aspetti che, grazie alla tecnologia, stanno cambiando nel mondo HR.
Il contesto Covid ha obbligato le aziende ad accelerare sul mondo digitale, connessione, telematica, data analytics. La crisi ha fornito, come sempre accade, delle opportunità ed Octo Telematics sta guidando lo sviluppo di questo settore.
Come HR è importante seguire le competenze che crescono, che si sviluppano e che si modificano a grande velocità. Ci sono ruoli che esistevano qualche anno fa e non esistono più oggi e altri che non esisteranno sicuramente domani. L’impetuosa affermazione delle tecnologie digitali sta creando professionalità nuove anche grazie a realtà come OCTO.
Scuole e università sono lungimiranti in questo campo e tengono molto bene il passo di questa evoluzione con laboratori preziosi con i quali collaboriamo. Con le università, che hanno accelerato lo sviluppo di nuove competenze, abbiamo instaurato partnership che vanno dallo studio, agli stage, alle opportunità di scambio. È importante aprirsi e collaborare.
Poi c’è tutto quello che ruota attorno allo smart working. Questo nuovo contesto richiede alla funzione HR di supportare e guidare il management in nuovi modelli di gestione delle performance e delle persone, piani di sviluppo e di formazione e, devo ribadire, partnership della stessa funzione sia verso l’esterno – università, scuole sia all’ interno, perché ancora più del passato la nostra funzione non può essere isolata od in secondo piano, ma deve partecipare direttamente e in prima linea alla gestione del business.

La pandemia ha cambiato le carte in tavola dell’organizzazione del lavoro. Ma quando si tornerà (si spera presto) a una “nuova normalità”, quali saranno le sfide da affrontare?
Mi piace la definizione di nuova normalità: è fondamentale non farsi tentare dal pensare che la crisi sia finita e che finalmente torneremo alla situazione di due anni fa, perché vi garantisco che nulla sarà come prima. Sarà quindi fondamentale aver appreso da quello che abbiamo vissuto. Questa situazione lascia qualche segno, ma lascia anche qualche opportunità di apprendere.
Abbiamo parlato di smart working: essere smart come funzione HR è già oggi (e lo sarà ancora di più in futuro) fondamentale. Smart in inglese vuol dire essere svegli, veloci, vuol dire adattarsi e capire quali sono le tendenze. In Octo Telematics, per esempio, utilizzavamo lo smart working da ben prima della crisi, quindi flessibilità e adattabilità sono già presenti nel nostro DNA.
In secondo luogo, sarà necessario ascoltare i collaboratori, seguirli, essere sensibili a quello che è successo o che sta succedendo. Noi in azienda, per esempio, facciamo due Employees survey all’anno molto semplici, che sono seguite dall’analisi dei risultati e da focus group su ogni domanda, seguiti a loro volta da azioni specifiche, con i colleghi stessi come responsabili nel portarle avanti. Questo crea sistema e crea continuous learning, l’azienda che apprende. Poi abbiamo istituito una struttura di counseling esterna per permettere ai nostri dipendenti di esporre problemi e idee in anonimato, dalle quali prendiamo spunti importanti.
E da ultimo sarà importante dare ai collaboratori la possibilità di riconoscersi nella strategia dell’azienda. Ogni dipendente con i suoi obiettivi individuali sa di contribuire alla missione e alla strategia del gruppo e si riconosce. È un tema molto classico nella gestione delle risorse umane, ma che sta prendendo ancora più valore in questi tempi.
Non è un cammino facile, ma sono fortemente convinto che potersi riconoscere – anche a distanza – è un messaggio forte, perché crea engagement, motivazione, legame e non solo retention

Le soft skill continuano a ricoprire un ruolo di primaria importanza? Quali sono le capacità trasversali necessarie per chi lavora in HR, ma anche per i candidati?
Sono ancora oggi ispirato dallo slogan del mio primo datore di lavoro: never underestimate the importance of people (mai sottovalutare l’importanza delle persone). Questo credo è ancora più valido nel contesto attuale per vincere le sfide future.
Le competenze soft sono quelle fondamentali, che permettono alla persona di fare la differenza e quindi di far uscire il suo talento. Non ne servono tante.
La prima è la visione del business, se una persona ha in sé la capacità di pensare in maniera costruttiva al business, , ha la capacità di collegare la propria azione quotidiana al successo della strategia dell’azienda.
La seconda capacità è saper lavorare in team. Un concetto forse scontato, ma che sta prendendo sempre maggiore importanza. Ci vengono richieste una velocità, un’efficienza e un’efficacia per le quali lavorare da soli non può funzionare. La capacità di lavorare in team è anche alzare la mano prima di fare, per dire “scusa, devo fare questo, ma so che tu puoi aiutarmi”. È fondamentale.
Cito poi la leadership, che vuol dire la capacità di far succedere le cose. Noi cerchiamo sempre di avere un project leader che non è il capo, ma è colui che fa succedere le cose utilizzando le competenze, come la visione di business e le competenze soft.
Infine, nomino l’integrabilità, che è una capacità più completa dell’adattabilità, cioè la capacità di integrarsi e andare in maniera proattiva verso il cambiamento.

Diversità e inclusione sono diventati aspetti di prioritari per molte aziende. Quanto è importante a suo giudizio investire in questi aspetti? E in concreto cosa può essere fatto?
Sono due concetti che io definisco strategici.
Essere aperto ad ascoltare e ad avere opinioni diverse, sulle quali costruire, è inclusione. Un’apertura fondamentale, dovuta alla necessità di prendere spunti il più velocemente possibile. Quando si alza la mano per chiedere aiuto, invece di voler fare da soli, si sta già dimostrando inclusione. Si comunica: venite, ditemi e datemi il vostro valore aggiunto. E questo si collega con la diversity, che io concepisco come uno dei principali risultati dell’essere inclusivo.
Le posso garantire che se si mettono in una sala riunioni persone di diverse origini e formazione che mettono in pratica la capacità di essere inclusivi, quella riunione porterà risultati ben superiori alle attese.
Purtroppo, ancora una buona parte dei manager ha difficoltà a capire che a essere davvero inclusivi, accettando ed anche sfruttando la diversità, si ottengono vantaggi competitivi enormi.
Nella nostra azienda siamo facilitati in questo, perché stiamo diventando una realtà sempre più globale e assumiamo quindi in contesti diversi. Poi se parliamo della diversità più classica uomo-donna, nel nostro settore non ci sono barriere all’entrata, abbiamo percentuali di donne molto elevate e ne andiamo fieri.

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