In Italia, la fragilità economica e sociale delle madri single si evidenzia in diversi contesti, dal lavoro alla condizione abitativa. Nonostante, nel complesso, tra il 2022 e il 2024, la situazione italiana sia migliorata, resta una realtà disomogenea e fragile.
In Italia le madri sono sempre più sole e penalizzate, ma sono le mamme single quelle che si trovano ad affrontare maggiori difficoltà, in termini economici e di supporto sociale. A denunciarlo è il decimo rapporto di Save The Children, “Le equilibriste – La maternità in Italia 2025″, dal quale emerge che poco più di 1 mamma single su 2, tra i 25 e i 34 anni, lavora.
Ciononostante, il numero delle mamme single cresce costantemente di anno in anno: le famiglie composte da un solo genitore con figli, infatti, sono passate da circa 2 milioni 650mila nel 2011 a oltre 3 milioni 800mila nel 2021 con un incremento del 44%. Di queste, il 77,6% è costituita da madri sole con i propri figli, ovvero 2 milioni e 950mila nuclei monogenitoriali. Si stima che 2043, le madri sole saranno 2,3 milioni. Le coppie con figli invece, sono calate nel tempo, segnando un trend opposto.
Secondo gli ultimi dati ISTAT, le madri sole con figli sono attualmente una delle tipologie familiari più esposte al rischio di povertà: se complessivamente nel 2024 il 23,1% della popolazione italiana è a rischio povertà o esclusione sociale, la percentuale sale al 32,1% tra i nuclei monogenitoriali. Quasi il 3% in più rispetto all’anno precedente e l’11% in più delle coppie con figli (21,2%).
Nel complesso, tra il 2023 e il 2024, si registra un miglioramento del tasso di occupazione, che passa dal 66,6% al 68,5% per le mamme single tra i 25 e i 54 anni. Tuttavia, fattori come la bassa istruzione, la giovane età e la residenza nel Mezzogiorno continuano a rappresentare un ostacolo per l’occupazione delle madri sole.
Mamme single e il divario territoriale
Dai dati emerge infatti una netta frattura tra nord e Mezzogiorno: nel 2024, il tasso di occupazione delle mamme single tra i 25 e i 54 anni supera l’83% nel nord, sia per le madri con almeno un figlio minore, che per il totale delle mamme sole. Al sud invece, non supera il 45,2 %. Nel Centro si registra un dato positivo, se pur di crescita contenuta.
Nel complesso, tra il 2022 e il 2024, la situazione italiana mostra un miglioramento sia in termini assoluti – con un incremento dei valori dell’Indice delle Madri – sia in termini di riduzione del divario territoriale.
Nello specifico, l’indice delle Madri – frutto della collaborazione scientifica con l’Istat – è risultato di un’analisi basata su 7 dimensioni: Demografia, Lavoro, Rappresentanza, Salute, Servizi, Soddisfazione soggettiva e Violenza, per un totale di 14 indicatori tratti da diverse fonti del sistema statistico nazionale.
Si tratta tuttavia di una situazione disomogenea e fragile, che non è in grado di assicurare il benessere per le donne che diventano madri.
Mamme single e il gender gap al lavoro
In particolare, “le madri sole con figli minorenni devono superare gli ostacoli maggiori, con divari di reddito e di condizioni abitative rispetto ai padri molto ampi, divari su cui è necessario intervenire con misure di sostegno dedicate per evitare che queste mamme e i loro bambini sprofondino in una situazione di povertà dalla quale è difficile riemergere”, ha affermato Antonella Inverno, Responsabile Ricerca e Analisi Dati di Save the Children Italia.
Come emerge dallo studio di Save The Children, le madri single con figli minori, infatti, hanno un reddito medio netto pari a 26.822 euro annui, contro i 35.383 dei papà nella stessa situazione.
Rispetto alla condizione abitativa, nel 2024, tra le madri single, circa una su tre vive in affitto (il 31,5% contro il 17,5% dei padri nella stessa situazione) e poco più della metà (53,2%) in abitazione di proprietà. Un distacco di circa 20 punti percentuali rispetto ai padri soli con almeno un figlio minore (71,9%).
Regioni più “amiche delle mamme”
La Provincia Autonoma di Bolzano (117,877) si conferma la regione “amica delle mamme”, seguita dall’Emilia-Romagna (110,981) e dalla Toscana (108,822). Degna di nota è altresì l’Umbria, che nella scorsa edizione occupava la nona posizione, mentre quest’anno è salita al 4° posto. Un altro dato da segnalare è quello della Valle d’Aosta (94,970) che registra però un netto peggioramento, scendendo dal quinto posto della scorsa edizione al sedicesimo nell’attuale Indice.
“Servono politiche strutturali”
A livello più generale, Giorgia D’Errico – Direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali di Save the Children – ha sottolineato l’urgenza di politiche strutturali, integrate e durature, capaci di assicurare risorse e strumenti per il sostegno delle famiglie nella cura dei figli e nella conciliazione tra vita privata e professionale. “È fondamentale, ad esempio, garantire a tutti i bambini e le bambine l’accesso ai servizi educativi per l’infanzia – ampliando l’offerta in tutti i territori e assicurandone la sostenibilità nel lungo periodo – ed estendere la durata dei congedi di paternità, incentivandone l’utilizzo e riconoscendo il valore sociale della cura anche per i padri, in una logica di corresponsabilità. Solo così potremo costruire un futuro in cui la genitorialità, il lavoro e la vita privata non siano in conflitto, ma possano coesistere come parte di un progetto di benessere individuale e collettivo”.