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Bonus mamme: solo la metà delle lavoratrici ha fatto richiesta

Una notevole percentuale di lavoratrici, ben il 40%, non ha richiesto il bonus mamme introdotto dal Governo Meloni. Questo incentivo sui contributi INPS, che può arrivare fino a 3 mila euro lordi all’anno, sembra non aver centrato il suo obiettivo tra le potenziali beneficiarie.

Bonus mamme: cos’è e come funziona?

Ormai si sa, nel nostro Paese la natalità è in forte calo e sempre meno persone decidono di metter su famiglia. Viceversa, l’inflazione e l’aumento dei costi della vita pesano sempre di più sulle spalle di chi ha dei figli a carico e deve mantenerli.

Per far fronte a questa situazione, l’attuale Governo – e quelli precedenti – hanno introdotto alcune iniziative per sostenere le famiglie italiane. Tra le novità della Legge di Bilancio 2024, da gennaio di quest’anno è attivo il “Bonus mamme” dell’INPS, che prevede l’esonero al 100% dalla contribuzione previdenziale per le madri che lavorano.

Questa agevolazione consiste nella riduzione dei contributi INPS, pari al 9,19% dello stipendio lordo (9,49% per le aziende con più di 15 dipendenti), fino a un massimo di 3.000 euro all’anno. Tuttavia, il bonus non incide sulla restante quota previdenziale, che rimane interamente a carico del datore di lavoro.

In linea generale, il bonus è disponibile dal 1° gennaio 2024 fino al 31 dicembre 2024 per le madri con due figli e si estende fino al 31 dicembre 2026 per le madri con tre e più figli. Per le date specifiche e le istruzioni, è necessario consultare la circolare dell’INPS o visitare il portale.

Chi può richiedere il bonus?

Il “Bonus mamme” è destinato alle lavoratrici dipendenti con contratto a tempo indeterminato e con almeno due figli. L’incentivo è rivolto sia alle dipendenti pubbliche che private, con contratto full-time, part-time e alle apprendiste.

La durata della copertura varia in base alla composizione familiare: per le donne con almeno tre figli, lo sgravio è valido fino al diciottesimo compleanno del figlio più piccolo. Per le madri con due figli a carico, l’età massima del figlio più giovane si riduce a 10 anni.

Il bonus non è disponibile per le madri con un solo figlio (anche se disabile), per le lavoratrici domestiche, per le pensionate, per le lavoratrici con contratto a tempo determinato, per le libere professioniste, per le disoccupate e per le collaboratrici occasionali.

Perché così poche richieste?

A distanza di sei mesi, però, il “Bonus mamme” non ha riscosso il successo auspicato, con un tasso di richieste che si aggira intorno al 40% delle aventi diritto. Una delle motivazioni principali dietro alla bassa richiesta è da affibbiare al contesto, reso più complesso dalla presenza di due diversi bonus con scadenze differenti per le lavoratrici con due figli e quelle con tre o più figli. Questa ambiguità ha generato incertezza tra le lavoratrici, aggravata dalla necessità di presentare una domanda esplicita al datore di lavoro, contrariamente a quanto molte avevano inizialmente supposto.

Inoltre, non era stata compresa appieno l’assenza di un limite di reddito per richiedere il bonus, che è quindi accessibile anche a dirigenti e funzionarie. Il tetto massimo di 3.000 euro ha disorientato molte lavoratrici con redditi superiori ai 35.000 euro, le quali pensavano di non averne diritto. La scarsa pubblicità della misura ha anch’essa limitato la consapevolezza e l’adesione, rischiando di lasciare inutilizzati parte dei 450 milioni di euro stanziati.

Infine, il momentaneo insuccesso della misura è probabilmente legato anche al taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti con un reddito annuo inferiore a 35.000 euro. Come stabilito dalla legge, questo taglio non è cumulabile con lo sconto previsto dal “Bonus mamme” e tale incompatibilità potrebbe aver ridotto le richieste.

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