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Lavoro

Lavoro: per il 62,7% degli italiani non è più al primo posto per importanza (se non adeguatamente pagato)

Gli italiani stanno modificando le proprie abitudini per quanto riguarda il lavoro. L’importanza della propria occupazione viene rivalutata relativamente al reddito conseguito.

La percezione degli italiani per quanto riguarda il proprio lavoro sta cambiando. Secondo il rapporto Censis, il 62,7% della popolazione in età lavorativa non mette più il lavoro al primo posto tra le cose più importanti della propria vita. L’importanza del lavoro è commisurata al reddito ottenuto dallo svolgimento dello stesso.

Come sta cambiando la percezione del lavoro?

In passato l’attività svolta delle persone era un fattore che permetteva loro di identificarsi in qualcosa. Molte delle decisioni prese dai lavoratori erano conseguenza diretta del ruolo ricoperto e dell’appartenenza al posto di lavoro.

Ora invece, per il 62,7% degli italiani il lavoro non è più centrale nella vita delle persone e il significato che viene attribuito al lavoro dipende direttamente dal reddito che se ne ricava.

Un chiaro segno di distacco dall’idea del lavoro come fattore identitario della persona. Si tratta di un punto di vista decisamente diverso rispetto al passato, in cui molte persone erano guidate da una sorta di «religione del lavoro», in base a cui venivano fatte buona parte delle scelte di vita.

Nel 2019, l’anno precedente la pandemia, sono state registrate 800.000 dimissioni volontarie. Nel 2022, invece, sono state il 29,2% in più, superando il milione. Ci sono poi altre cifre che contribuiscono a mettere in luce la crescita occupazionale e la maggiore consapevolezza dei lavoratori. Il 36,2% delle persone che cercano un nuovo lavoro lo fanno per ottenere una retribuzione più alta, mentre il 36,1% aspira a prospettive di carriera migliori.

Come è cambiata l’occupazione?

Il rimbalzo economico avvenuto subito dopo l’allentamento delle restrizioni imposte per contrastare la pandemia ha riportato i valori occupazionali sopra ai livelli rilevati nel 2019. I lavoratori occupati nel 2022 erano 60.000 in più di quelli registrati nel 2019, in crescita dello 0,6%. Analizzando a fondo i dati, emerge che sono in crescita gli incarichi dirigenziali (+6,2%) e quelli impiegatizi (+8,5%). Al contrario, viene rilevata una forte flessione del personale non qualificato (-14.000 persone) e delle professioni tecniche (-2,2%).

Solo i prossimi anni ci confermeranno se questi numeri saranno destinati a salire, avvalorando la tesi secondo cui la crisi del 2020 ha segnato anche l’inizio di un decennio di crescita economica.

Il caso dei lavoratori indipendenti

Tra il 2018 e il 2022 è stata rilevata una diminuzione del 5,5% dei lavoratori indipendenti.
La categoria degli autonomi ha segnato un calo di 247.000 lavoratori, pari a -8,1%; consistente anche la diminuzione dei liberi professionisti che hanno subito una riduzione del 5,3%.
Al contrario, gli imprenditori sono cresciuti enormemente: nell’arco dei quattro anni presi in esame c’è stata una crescita del 27%.

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