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Lavoro, il digitale non è un settore per donne: l’Italia è agli ultimi posti in Europa con l’84% degli impiegati uomini e il 16% di gender pay gap

Il 28 Aprile 2022 si è celebrato il “Girls in ICT Day”, giornata mondiale promossa dalle Nazioni Unite per sensibilizzare sul tema del gender gap lavorativo tra uomini e donne nei settori tecnologici.

In Italia il divario non accenna a diminuire visto che solo il 16% della forza lavoro è rappresentata da donne che guadagnano il 16% in meno degli uomini. Non va meglio in Europa dove solo il 30% dei laureati nelle discipline STEM sono ragazze e le impiegate nel settore ICT raggiungono quota 19%: di questo passo per colmare il “gender pay gap” ci vorrebbero quasi 134 anni. In Italia alcune realtà provano ad invertire la rotta come Primeur Group, multinazionale italiana leader della data integration: “Dal 2021 abbiamo assunto più di 50 profili di cui il 40% sono donne: vogliamo ridurre il gender gap e diventare un esempio per il settore”, spiega Maria Letizia Manfredi, HR Director

Una storia iniziata nel migliore dei modi. Il primo programmatore della storia dei computer è stata una donna: nel 1843 Ada Lovelace fu la prima persona a sviluppare un algoritmo espressamente pensato per essere elaborato da una macchina analitica in grado di generare i numeri di Bernoulli. Dopo oltre 170 anni il rapporto lavorativo tra donne e tecnologia non ha seguito la strada tracciata dalla matematica britannica. Nella giornata di oggi, giovedì 28 aprile, si celebra il Girls in ICT Day, giornata mondiale promossa delle Nazioni Unite per sensibilizzare sul tema del gender gap lavorativo tra uomini e donne nei settori tecnologici. Un divario tutt’oggi considerevole che non accenna a diminuire nel corso degli anni: secondo gli ultimi dati Eurostat l’Italia è quintultima per percentuale di donne impiegate nei settori ICT con il 16% e solo Polonia (15%), Ungheria (12%), Malta (11%) e Repubblica Ceca (10%) fanno peggio. Al contrario di quanto si possa pensare i paesi più virtuosi in questa speciale classifica sono Bulgaria (28%), Grecia (26%) e Romania (sempre 26%): Francia e Spagna si attestano poco sopra la media europea (19%) con il 20% mentre la Germania non arriva al 18%. Ma non è tutto perché a questo s’aggiunge un rilevante gender pay gap: secondo il Women in Digital Scoreboard 2021 divulgato dalla Commissione Europea, in Italia, a parità di mansione, un uomo guadagna il 16% in più di una donna. Non sono tanto migliori le percentuali in Europa: come accennato solo il 19% degli specialisti che lavorano nell’ICT sono donne e circa un terzo dei laureati nelle discipline STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) sono ragazze. In Europa il gender pay gap raggiunge addirittura il 19% e, secondo un calcolo effettuato dal network internazionale WomenTech, ci vorrebbero quasi 134 anni per arrivare ad una situazione di parità di trattamento economico. 

Numeri che tracciano uno scenario ormai cristallizzato da troppi anni e che coinvolge anche le Big Tech d’oltreoceano anche se con numeri leggermente migliori: secondo una recente indagine della società di ricerca Statista elaborata su dati 2021 provenienti dalle aziende, la percentuale di donne impiegate nei ruoli tecnici all’interno di FacebookAppleGoogle e Microsoft è compresa tra il 23 e il 25%. Anche in Italia alcune realtà stanno provando ad invertire la rotta. Una di queste è Primeur Group, multinazionale italiana leader nei servizi di data integration che nel suo piano di crescita aziendale si sforza da tempo di attrarre anche talentuose professioniste: “Dal 2021 abbiamo assunto più di 50 profili e il 40% sono donne – illustra Maria Letizia Manfredi, HR Director di Primeur Group – Attualmente abbiamo impiegate circa 200 persone e l’obiettivo che ci poniamo mentre continuiamo a crescere è quello di ridurre il gender gap diventando un esempio per il settore ICT. Sappiamo che la strada è lunga ma la base di partenza è buona visto che attualmente circa un terzo della forza lavoro è rappresentato da donne: il doppio della media italiana”. Questa situazione deve essere anche inquadrata in un periodo storico ribattezzato dall’Unione Europea “Decennio Digitale”: entro il 2030, infatti, si dovrebbero raggiungere i 20 milioni di lavoratori all’interno del settore ICT ma attualmente non si è arrivati nemmeno alla metà di quella cifra. Le aziende stanno affrontando due problematiche: da una parte il ritardo nella digitalizzazione dei processi aziendali e, dall’altra, la difficoltà a reperire profili altamente specializzati negli ambiti professionali che stanno emergendo come Data Science, Cloud Computing, Intelligenza Artificiale.“Essendo Primeur una multinazionale e lavorando anche con clienti esteri per noi è molto importante avere team quanto più possibili multidisciplinari e trasversali dove possiamo valorizzare al meglio donne e uomini con background differenti – spiega sempre Maria Letizia Manfredi – Questi gruppi di lavoro sono in grado di generare idee e soluzioni che possono adattarsi alle diverse esigenze del mercato, presupposto che porta enorme valore aggiunto nel lavoro con i nostri clienti”. 

Un valore che non sembra essere percepito anche quando si parla di carriera lavorativa. Secondo uno studio di McKinsey dal titolo “Repairing the broken rung on the career ladder for women in technical roles”, solo 52 donne vengono promosse a manager ogni 100 uomini per quanto riguarda i ruoli tecnici, mentre la forbice diminuisce se si prendono in considerazione tutti i settori visto che si arriva ad avere 86 donne promosse ogni 100 uomini. Un recente sondaggio della società di ricerca New View Strategies, che ha intervistato oltre 1000 donne impiegate in profili tecnici di aziende ICT, ha mostrato che la principale sfida che devono affrontare le donne è proprio la mancanza di opportunità di fare carriera (52%), seguita dalla mancanza di modelli di ruoli femminili da seguire (48%). Tutte queste difficoltà portano a un’inevitabile conseguenza: il 38% sta pensando di lasciare il lavoro entro i prossimi due anni. “All’interno di Primeur ci impegniamo a promuovere un ambiente di lavoro inclusivo, rispettoso, equo in grado di garantire le stesse opportunità a tutti e tutte, non solo in fase di selezione ma anche durante tutto il percorso di carriera” – conclude Maria Letizia Manfredi – Sappiamo che la strada è ancora lunga ma vogliamo abbattere le tante barriere lavorative e i molti stereotipi culturali che circondano questo settore”. 

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