I dati Eurostat e il dossier della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro fotografano un Paese in chiaroscuro per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro. Nel 2024 si evidenzia un lieve calo delle denunce, ma l’incidenza dei decessi rimane ancora elevata.
Infortuni sul lavoro: denunce in calo, ma persistono alcune criticità
I numeri raccolti da Inail ed Eurostat restituiscono l’immagine di un’Italia che sta lentamente migliorando sul fronte degli infortuni sul lavoro, ma che continua a convivere con elementi strutturali di fragilità, in particolare nei grandi centri urbani e nei tragitti extra-aziendali. Secondo l’ultima indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, elaborata a partire da dati Inail, il 2024 ha evidenziato un moderato miglioramento in tema di infortuni sul lavoro in Italia.
Le denunce complessive si sono ridotte dell’1% in confronto all’anno precedente, passando da 519.000 a 515.000 casi. Un dato ancor più significativo se confrontato con il periodo pre-pandemico. Rispetto al 2019, infatti, la riduzione si attesta all’8,5%, equivalente a circa 50.000 casi in meno. Anche le denunce per infortuni mortali hanno registrato un calo del 3,9%, passando da 1.237 a 1.189. Tuttavia, nonostante l’apparente miglioramento, emergono profonde criticità legate alla sicurezza nei tragitti casa-lavoro e a una persistente disparità territoriale.
Italia sotto la media europea, ma con un’incidenza mortale ancora elevata
Nel panorama europeo, l’Italia registra un tasso di incidenza degli infortuni sul lavoro al di sotto della media. Nel 2022 Eurostat ha calcolato 96,8 casi ogni 10.000 occupati, rispetto ai 134,2 della media UE. I dati pongono il nostro Paese ben al di sotto di nazioni come Francia (245,4), Spagna (237,1) e Germania (153,5), grazie anche alla metodologia uniforme adottata da Eurostat, che esclude dal conteggio gli incidenti occorsi durante il tragitto casa-lavoro e le condizioni mediche preesistenti, focalizzandosi sugli incidenti con almeno quattro giorni di assenza.
Ciononostante, l’Italia non si distingue positivamente per gli infortuni mortali. Con 0,87 decessi ogni 100.000 occupati, si posiziona meglio della media UE (1,26), ma resta al di sopra della Germania (0,61). Al contrario, Francia e Spagna registrano tassi allarmanti, rispettivamente pari al 3,35 e all’1,53. Una particolare attenzione va riservata all’effetto della pandemia: Italia, Spagna e Slovenia sono i soli Paesi ad aver inserito i contagi da Covid-19 nell’ambito degli infortuni professionali, contribuendo a una sovrastima temporanea del fenomeno, soprattutto nel biennio 2020-2021.
Incidenti durante il tragitto casa-lavoro: Roma e Milano ai primi posti
Una delle anomalie più rilevanti evidenziate dal dossier riguarda gli infortuni in itinere, ovvero quelli che avvengono nel tragitto tra casa e luogo di lavoro. In Italia, circa un quarto delle morti sul lavoro è legato a tali spostamenti. Il caso più emblematico è quello di Roma, dove nel 2024 il 28,6% degli incidenti si è verificato in itinere, il dato più elevato a livello nazionale. Seguono Milano (24,6%), Firenze e Genova (23,4%), e Torino (23,1%). All’opposto, le incidenze più basse si riscontrano a Bolzano (7,3%), Crotone (8,7%) e Benevento (9,7%).
Su scala regionale, il Lazio è la realtà più colpita con il 25,9% degli infortuni totali e il 33,3% dei decessi sul lavoro che avvengono durante gli spostamenti casa-lavoro. Seguono Liguria (20,8%), Lombardia e Piemonte (19%), mentre Trentino-Alto Adige (8,6%) e Molise (11,4%) registrano valori sensibilmente più bassi. I fattori all’origine di tutto questo sono riconducibili a dinamiche che sfuggono al controllo diretto delle imprese: l’ampliamento delle aree di pendolarismo, l’incremento della distanza tra residenza e sede lavorativa, insieme alla debolezza delle reti di trasporto pubblico, costringono milioni di lavoratori a ricorrere al mezzo privato, esponendoli così a un rischio più elevato.