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Risorse umane: Italia 25esima per gestione dipendenti

Nella classifica di Tmf Group, l’Italia figura al 25° posto per complessità nella gestione dei dipendenti e delle retribuzioni su 77 paesi

Italia al 25° posto per gestioni dei dipendenti e delle retribuzioni. È quanto emerso dall’analisi di Tmf Group, multinazionale specializzata nella fornitura di servizi professionali alle imprese, denominata “HR & Payroll: Navigating complex requirements in turbulent times”. Lo studio ha coinvolto 77 paesi al mondo, classificandoli in base alla complessità delle rispettive giurisdizioni in materia di gestione dipendenti e retribuzioni. Per farlo, Tmf ha tenuto conto di diversi parametri. Ad esempio, l’erogazione degli stipendi e dei benefit fra gli impiegati assunti a tempo determinato ed indeterminato. E ancora, la difficoltà relativa alle procedure di assunzione o licenziamento dei dipendenti secondo la legislazione del lavoro in vigore in ciascun paese.

In questa speciale classifica, il Paese più complesso è risultato il Belgio. A seguire, Malesia, Cina, Bolivia e Francia, il secondo paese più complesso d’Europa. A livello europeo l’Italia si colloca all’11° posto, meglio di paesi tradizionalmente considerati employer friendly come Norvegia e Finlandia. Le giurisdizioni più semplici sono invece Jersey, Isole Vergini Britanniche, Malta, Stati Uniti e Cile. Quest’ultimo risulta il Paese con le politiche del lavoro più flessibili ed una più facile gestione delle risorse umane e delle retribuzioni.

“Negli ultimi anni, l’Italia ha introdotto alcune riforme occupazionali che mirano ad una maggiore flessibilità” ha sottolineato Saskia Straetmans, responsabile della Business Unit Human Resources and Payroll di Tmf Group per l’Europa Occidentale. “Il Paese è ora percepito come meno conservatore rispetto al passato e leggermente più vicino agli standard europei”. Tuttavia, la strada rimane lunga. Il 25° posto dell’Italia è determinato da una certa lentezza burocratica. Alcuni esempi in merito riguardano gli aumenti automatici degli stipendi, i congedi di paternità o i contributi del datore di lavoro per il fondo pensione. Pesano sulla classifica anche le 25 settimane di preavviso necessarie per il licenziamento di un dipendente poco produttivo. In giurisdizioni come Regno Unito, Irlanda e Paesi Bassi bastano soltanto tre o quattro settimane.

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