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Hr Digital Transformation, Elisa Chioda (Zucchetti): “Cresce la consapevolezza della necessità di innovare per affrontare i cambiamenti e tornare a competere”

Dal nuovo Osservatorio Zucchetti HR la prima indagine sul tasso di digitalizzazione dei processi di gestione del personale. Intervista alla Head of HR Digital Transformation Consulting

Le direzioni HR delle imprese italiane sono sempre più consapevoli dell’importanza della trasformazione digitale. Ma a che punto è questa evoluzione? Quali sono le aziende che stanno sfruttando maggiormente i nuovi strumenti messi a disposizione dalla tecnologia? Per rispondere a queste domande abbiamo intervistato Elisa Chioda, Head of HR Digital Transformation Consulting di Zucchetti.

Il neo costituito Osservatorio Zucchetti HR ha condotto recentemente un’indagine per fotografare il tasso di digital transformation nelle imprese italiane. Su quali aree HR avete indagato e quali sono risultate avere un tasso di digitalizzazione più elevato?
Mediante l’Osservatorio Zucchetti HR abbiamo esaminato i processi di gestione del personale diventati strategici in questa fase così delicata, che abbiamo suddiviso nelle seguenti aree: Smart Working, Amministrazione e Comunicazione, Pianificazione strategica e Pianificazione operativa, Previsione Fabbisogno (Forecast), Timesheet e rendicontazione, Salute e Sicurezza, Analisi e monitoraggio.
Alla ricerca hanno partecipato 710 aziende che per tipologia e area geografica costituiscono un campione rappresentativo della struttura imprenditoriale italiana.
In sintesi, i risultati dell’indagine mostrano una consapevolezza crescente della necessità di innovare per affrontare in modo proattivo i continui e repentini cambiamenti esterni e poter tornare a competere in uno scenario economico e sociale profondamente cambiati rispetto al passato.
Per conseguire questo obiettivo la condizione indispensabile è l’adozione di nuovi processi che favoriscano il coinvolgimento e responsabilizzazione dei collaboratori, nonché il ricorso a nuove tecnologie, in particolare alle soluzioni cloud.

Quando si parla di digital transformation quali differenze avete notato tra imprese medio-grandi e piccole?
Come ci aspettavamo, abbiamo riscontrato un Paese a due velocità, nel senso che le medio-grandi imprese, già prima della pandemia, avevano iniziato un percorso di trasformazione digitale sia in ambito amministrativo che organizzativo, mentre le piccole aziende non avevano ancora effettuato i necessari investimenti tecnologici per migliorare la propria efficienza e aumentare la competitività sul mercato.
L’emergenza ha però creato le basi per nuovi spunti, rendendo evidente il gap e costringendo a focalizzare le piccole aziende su alcune soluzioni, o perché imposte (legate a aspetti normativi e a processi amministrativi), o perché legate al monitoraggio della marginalità (timesheet), ancora più importante in momenti di crisi.
Le piccole aziende si trovano quindi davanti a nuove occasioni di sviluppo e hanno ampie opportunità di miglioramento che avranno un ulteriore sostegno con le politiche di incentivi pubblici a favore della digitalizzazione dei processi.
Il secondo aspetto interessante è legato all’emergere di alcuni trend, oggi non ancora diffusi massivamente tra le aziende, ma che fanno segnare una forte crescita. Temi come l’utilizzo delle app per il personale, un ripensamento in logica agile degli spazi e dei tempi di lavoro con il superamento della classica postazione personale, la cultura del feedback continuo sono solo alcuni esempi. Un’anticipazione non solo delle prospettive di investimento nelle tecnologie HR, ma anche della presa di coscienza che la pandemia ha fatto nascere in tante aziende.

L’emergenza sanitaria ha influito sul processo di digitalizzazione e sulla percezione che le imprese hanno della sua importanza?
Come detto in precedenza, l’emergenza sanitaria e la conseguente crisi economica hanno acuito il gap tra medio-grandi e piccole imprese, ma al contempo hanno dato una spinta notevole alla digitalizzazione, in particolare all’utilizzo di soluzioni applicative in modalità cloud, capaci di garantire la continuità dell’attività lavorativa in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo, anche mediante la tecnologia mobile.
Anche dal punto di vista organizzativo si sono fatti grandi passi avanti, con più della metà delle aziende intervistate, sia grandi che piccole, che ha adottato in modo sistematico lo smart working, cercando di ripensare i propri processi mediante la creazione di un ecosistema digitale integrato favorevole alla collaborazione, all’engagement, al monitoraggio e al raggiungimento dei risultati.
Ovviamente poi grande importanza è stata data a tutti gli aspetti di salute e sicurezza sul lavoro; anche in quest’area la maggior parte delle innovazioni tecnologiche sono state dettate da obblighi esterni che, in tempi stretti, hanno portato all’introduzione di sistemi di controllo della temperatura e di distanziamento sociale. Soluzioni molto spesso non integrate ai sistemi già in uso, ma coerenti con le nuove procedure anti-covid.
A questo proposito però è in atto, già dai mesi successivi alla prima ondata pandemica, un cambiamento prospettico, ossia la volontà (54% grandi aziende – 53% medie – 32% piccole) di integrare tutte queste innovazioni con l’ecosistema digitale dell’azienda.

Dalla vostra analisi risultano esserci settori o aree geografiche più attenti e consapevoli della necessità di un aggiornamento delle competenze digitali anche in ambito HR?
Soprattutto sul fronte della pianificazione strategica e operativa, si sono rivelate decisamente avanzate le aziende di produzione, in particolare per quanto concerne la rendicontazione delle attività rispetto alle commesse ricevute.
In generale sulle tecnologie per la pianificazione hanno investito notevolmente le aziende di grandi dimensioni (58% contro la media del 22%), che più di tutte ricercano il modello vincente dell’organizzazione agile, coerentemente all’attenzione ai costi e alla programmazione delle attività più orientate a un orizzonte di medio lungo periodo.

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