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Forza lavoro: l’Italia rischia di perdere oltre 3 milioni di lavoratori entro il 2040

L’Italia si avvia verso un drastico ridimensionamento della forza lavoro a causa dell’invecchiamento della popolazione e del mancato ricambio generazionale. Una crisi che colpirà soprattutto le regioni del Sud, con gravi ripercussioni economiche e sociali.

Forza lavoro in calo: i numeri allarmanti per l’Italia

Il nostro Paese si sta avviando verso un forte ridimensionamento della forza lavoro che raggiungerà il suo culmine entro il 2040. Secondo il rapporto “Rendere la sfida demografica sostenibile” della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, entro quella data l’Italia perderà circa 3 milioni e 135 mila lavoratori, una cifra preoccupante. Questo calo si inizierà a percepire già nel 2030, con una perdita stimata di 1 milione e 167 mila persone nella fascia di età attiva tra i 15 e i 64 anni.

Il fenomeno non interesserà tutto il territorio nazionale in modo uniforme. Le regioni del Nord, con Lombardia ed Emilia-Romagna in testa, sembrano destinate a resistere meglio all’urto, mentre il Sud subirà i contraccolpi maggiori. La Basilicata guida la classifica negativa regionale, con una riduzione della forza lavoro dell’8,1%, seguita da Sardegna (7,8%), Calabria (6,6%), Puglia (6,4%), Campania e Sicilia (entrambe al 6%). Ancora più allarmanti i dati provinciali: Nuoro, Potenza ed Enna registrano un calo del 9,7%, seguite da Caltanissetta (9,6%) e Oristano (9,5%).

Invecchiamento della popolazione e mancato ricambio generazionale

Un altro dato significativo riguarda l’età della forza lavoro in Italia, sempre più avanzata a causa del progressivo innalzamento dell’età pensionabile. Nel nostro Paese, gli over 50 rappresentano oggi il 40,6% dei lavoratori, ben oltre la media europea del 35,1%. Il rapporto Excelsior di Unioncamere e del Ministero del Lavoro stima che, nel periodo 2024-2028, tra il 78% e l’88% delle nuove assunzioni sarà legato alla necessità di sostituire i pensionamenti, che coinvolgeranno circa 3 milioni di persone.

A questo problema, si aggiunge il numero delle persone inattive. Nonostante i dati sui Neet, ossia i giovani che non studiano e non lavorano, siano in lieve miglioramento (dal 23,6% nel 2019 al 17,3% nel 2024) rimane ampia la fascia di cittadini inattivi. Su 12,4 milioni di inattivi tra i 15 e i 64 anni, circa 6 milioni hanno meno di 35 anni e 7,9 milioni sono donne.

Disallineamento tra domanda e offerta di lavoro

Oltre ai problemi demografici, un altro grave ostacolo alla tenuta della forza lavoro in Italia è il crescente disallineamento tra i profili richiesti dalle aziende e quelli disponibili sul mercato. Tra il 2019 e il 2024, la quota di profili considerati difficili da reperire è quasi raddoppiata, passando dal 25,6% al 48,2% delle assunzioni previste. In termini assoluti, le assunzioni problematiche sono salite da 962 mila a 2 milioni 214 mila. Il motivo principale è il ridotto numero di candidati sul mercato (indicato dal 31,7% delle imprese nel 2024), mentre il 12,8% segnala l’inadeguatezza delle competenze dei candidati.

Per affrontare questa situazione servono interventi strategici e immediati, come rafforzare il welfare, promuovere politiche di genere e migliorare i programmi di transizione scuola-lavoro, soprattutto per le giovani donne. Questi interventi sono essenziali, non solo per mitigare gli effetti del calo demografico, ma anche per valorizzare il capitale umano che rimane inutilizzato nel Paese.

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