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Disparità di genere: il 73% degli uomini ammette di avere maggiori possibilità di carriera di una donna

“Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale”, diceva Rita Levi Montalcini. Ed è così. Basta scorrere i dati della survey “LUI – Lavoro, Uomini, Inclusione” di Fondazione Libellula per farsi un’idea di quanto la disparità di genere permei la società.

Violenze, fisiche o psicologiche fra le mura domestiche, e le discriminazioni sul lavoro, essere donna sembra quasi condanna. E a chi parla di parità e uguaglianza ormai ottenute, l’invito è quello di andare a leggere la survey “LUI – Lavoro, Uomini, Inclusionerealizzata da Fondazione Libellula, intervistando oltre 2mila uomini lavoratori.

Un’idea originale quella di esplorare la percezione e le esperienze degli uomini su discriminazione ed equità di genere nel mondo professionale e nella vita familiare. E’ molto più comune che le ricerche sulla disparità vengano condotte su un campione di donne. Ma i risultati sono altrettanto preoccupanti.

Violenza di genere: un uomo su due pensa che non sia un suo problema

I dati più clamorosi emergono dalla percezione della violenza di genere: sebbene si stia parlando sempre più spesso di questa tematica mettendola in primo piano sui principali mezzi di comunicazione, sembra che ancora non ne venga compreso appieno l’importanza e le conseguenze.

Il 43% degli uomini coinvolti nella survey, infatti, ha dichiarato di non considerare la violenza sulle donne come un problema che li riguardi direttamente. Allo stesso tempo, il 42% ritiene che quando si parla di violenza contro le donne spesso si colpevolizzino tutti gli uomini indistintamente, come se fosse un problema collettivo senza sfumature.

Numeri che testimoniano una scarsa consapevolezza delle radici culturali della violenza di genere e delle sue diverse sfaccettature quotidiane che spesso si basano su una concezione di superiorità maschile e su una cultura del controllo e della prevaricazione.

Nella precedente survey LEI (Lavoro, Equità, Inclusione) realizzata nel 2022 coinvolgendo un campione di donne, oltre un’intervistata su 2 ha dichiarato di essere stata vittima di molestie, discriminazioni o stereotipi sul posto di lavoro, mentre addirittura il 22% di aver avuto contatti fisici indesiderati.

“Visti questi risultati è necessario capire come attivare un confronto tra i due generi e individuare le azioni grazie alle quali sia possibile intervenire efficacemente nei diversi contesti per arrivare all’equità superando stereotipi limitanti e promuovere una vera cultura del cambiamento”, spiega Annalisa Valsasina, direttrice scientifica di Fondazione Libellula.

Il lavoro? Il regno degli uomini

È sul posto di lavoro che si verifica la maggiore discriminazione: quasi 3 uomini su 4 (il 73%) riconoscono che nel proprio contesto professionale abbiano maggiori possibilità di carriera e maggiori possibilità di raggiungere posizioni ai vertici rispetto alle donne, rivelando anche da parte degli uomini una percezione di disuguaglianza di genere molto marcata e molto evidente nell’ambito lavorativo.

Inoltre, il 79% degli uomini ha dichiarato che sempre nel proprio contesto professionale le espressioni utilizzate non sono sempre rispettose verso le donne, includendo battute, apprezzamenti e stereotipi sessisti.

Anche la possibilità di essere assunti è stata considerata ineguale dagli intervistati, con il 61% degli uomini che ritiene di avere in quanto uomini maggiori possibilità di essere assunti rispetto alle donne.

Il 36% degli uomini non ha mai utilizzato congedi parentali

Situazione leggermente migliore sul fronte della genitorialità, anche se con qualche paradosso: secondo i dati della survey LUI, sebbene l’85% degli intervistati ritenga che gli uomini siano responsabili quanto le donne della cura della casa e dei figli, più di un padre su 3 (il 36%) dichiara di non aver mai utilizzato gli strumenti a disposizione per la conciliazione come i congedi parentali o i permessi per occuparsi dei propri figli.

La cura dei bambini resta dunque nella percezione della maggioranza principalmente della madre, anche se piccoli segnali di cambiamento nella mentalità degli uomini ci sono.

Stop agli stereotipi di genere: anche gli uomini piangono

I dati più incoraggianti emergono in merito alla visione del maschile e al superamento di alcuni stereotipi. Ben il 95% degli intervistati ritiene che mostrare emozioni e sensibilità non corrisponda a essere poco virili, dimostrando che molti uomini vogliono abbattere la maschera di durezza e insensibilità che spesso la società impone loro.

Inoltre, il 70% ritiene che anche gli uomini siano vittime di stereotipi che impattano sul loro benessere e sulla loro libertà, dimostrando che molti uomini sono consapevoli della pressione sociale che viene posta su di loro.

Tuttavia, il 45% degli intervistati ritiene che molte volte il comportamento di un uomo verso le donne sia motivato da una spinta sessuale e il 54% che sia tipico degli uomini fare battute a sfondo sessuale tra loro e pensare al sesso nelle loro relazioni, suggerendo la presenza di una visione delle donne come oggetto sessuale ancora molto presente e un forte mandato culturale verso la dimostrazione della propria virilità.

Persiste poi lo stereotipo secondo cui nella società sono gli uomini a dover mantenere e proteggere la propria famiglia: il 63% degli intervistati sente che come uomo debba proteggere le donne della sua famiglia (partner, figlie, madre, sorelle, ecc.) e il 52% dei padri dichiara che gli capita spesso o sempre di sentirsi totalmente responsabile del benessere economico della famiglia.

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