di:  

Burnout

Burnout: arriva il tatuaggio elettronico che avvisa quando si sta lavorando troppo

Un tatuaggio elettronico sulla fronte può rivoluzionare il monitoraggio dello stress mentale sul lavoro e consentire di rilevare segnali precoci di burnout. Questo nuovo strumento, però, solleva anche interrogativi etici sul rapporto tra tecnologia, controllo e benessere del lavoratore.

Burnout: quando il cervello lancia segnali d’allarme

Il burnout, nelle sue molteplici manifestazioni, si configura come il risultato di un eccessivo carico di lavoro mentale, protratto nel tempo. Alla sua origine, c’è spesso un disequilibrio tra le richieste lavorative e le capacità cognitive individuali. Al tal proposito e al fine di individuare eventuali segnali di bornout, è in arrivo l’innovativo e-tattoo, un dispositivo wireless ultrasottile in grado di monitorare le onde cerebrali direttamente dalla fronte, come spiegato nello studio pubblicato sulla rivista Device della Cell Press.

Sviluppato da un team dell’Università del Texas, il tatuaggio elettronico rappresenta una svolta nel monitoraggio del carico di lavoro mentale. Il dispositivo rileva in tempo reale i segnali EEG (elettroencefalografici) e EOG (elettrooculografici), permettendo di tracciare con precisione lo sforzo cognitivo. Testato su sei soggetti impegnati in compiti mnemonici di complessità crescente, ha evidenziato variazioni significative nelle onde theta e delta, associate allo sforzo mentale, e nella diminuzione delle frequenze alfa e beta, tipiche dell’affaticamento. Inoltre, il sistema è stato addestrato per prevedere in modo attendibile i momenti di stress cognitivo.

Carico cognitivo e performance: una relazione difficile

Il concetto di “carico di lavoro mentale” è cruciale in ergonomia e nei sistemi human-in-the-loop, dove l’essere umano interagisce attivamente con macchine e algoritmi. Un carico troppo basso può causare disattenzione. Al contrario, un carico troppo alto compromette le performance e aumenta il rischio di errore, fino a sfociare nel burnout.

Secondo i ricercatori dell’Università del Texas, monitorare e calibrare questo carico è fondamentale in ambiti ad alta complessità e criticità, come l’aviazione, la robotica e il traffico aereo, dove una minima variazione nelle prestazioni cognitive può avere conseguenze drammatiche. L’e-tattoo si pone quindi come alternativa concreta ai metodi attuali di valutazione, come il NASA Task Load Index, un sondaggio lungo e soggettivo da compilare a seguito di un preciso task.

Inoltre, la grande promessa di questo dispositivo, oltre alla precisione, è la democratizzazione del monitoraggio cognitivo. Con un costo stimato di circa 200 dollari (ben lontano dai 15.000 delle apparecchiature EEG tradizionali) il tatuaggio elettronico potrebbe trovare applicazione diffusa, anche al di fuori dei laboratori di ricerca.

Tatuaggio elettronico: sorveglianza o benessere?

Se da un lato l’e-tattoo rappresenta un avanzamento tecnologico di grande rilievo, dall’altro solleva interrogativi profondi sul futuro delle relazioni tra lavoratore, azienda e macchina. Secondo il sociologo Enrico Pozzi, dell’Università La Sapienza di Roma, si rischia di trasformare il lavoratore in un’entità isolata e misurata, anziché parte attiva di un collettivo.

Pozzi denuncia una visione arcaica del rapporto tra produttività e dimensione psichica, affermando che tutto quello che sappiamo sul lavoro è che esso è il prodotto dell’interazione umana. Il benessere, o il malessere, non possono essere ridotti a un tracciato cerebrale. Il timore è quello di un effetto collaterale di manipolazione e solitudine, in cui l’individuo si ritrova solo davanti a una macchina che misura, registra e potenzialmente giudica.

Se dunque il tatuaggio elettronico si propone come uno strumento per prevenire il burnout, resta il rischio che venga utilizzato per controllare e non per comprendere. In un’epoca in cui tutto si quantifica, la vera sfida è quella di non ridurre l’identità lavorativa a un insieme di dati, ma di preservare la complessità dell’essere umano all’interno dei processi organizzativi.

CONDIVIDI QUESTO ARTICOLO!