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Allusione sessuale sul lavoro: legittimo il licenziamento

Le allusioni a sfondo sessuale giustificano il licenziamento disciplinare del lavoratore, anche se avvengono in un clima di goliardia. Lo stabilisce una recente sentenza della Cassazione, che ritiene legittimo il licenziamento per giusta causa di un uomo che importunava la collega con allusioni verbali a sfondo sessuale.

Cassazione: legittimo il licenziamento per allusione sessuale

La Cassazione ritiene legittimo il licenziamento per allusioni a sfondo sessuale, anche se le stesse avvengono in un clima di lavoro goliardico.

È successo a un dipendente di un bar, denunciato dalla collega (peraltro neoassunta) e dalla società, per aver fatto delle allusioni a sfondo sessuale, nonostante “l’assenza di volontà offensiva” e l’atteggiamento scherzoso.

La sentenza della Corte Suprema è un passo importante nella lotta alle discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro. Tuttavia, non rappresenta una novità assoluta. Già nel 2006, il “Testo unico sulle Pari Opportunità” specificava che per molestia sessuale sul luogo di lavoro si dovevano comprendere tutti i “comportamenti indesiderati a sfondo sessuale” subiti dalla vittima in questione.

Inoltre, è da considerare che le molestie a sfondo sessuale sono regolate dalla “discriminazione fondata sul sesso” compresa nella Direttiva Europea 2002/73/CE. Il documento stabilisce che chiunque “danneggi la dignità, la reputazione e la sicurezza dei propri colleghi può essere soggetto a licenziamento”.

Il datore di lavoro, infatti, è chiamato a tutelare la sicurezza e la salute psicofisica dei suoi lavoratori e, in caso contrario, ha il diritto di licenziare il soggetto che detiene comportamenti o utilizza linguaggi non idonei all’ambiente lavorativo, anche tutto questo avviene “per scherzo”.

Comportamenti inopportuni e indesiderati ledono la dignità del lavoratore o della lavoratrice che li subisce, oltre a creare un clima di lavoro “degradante”

Come prevenire le molestie verbali e sessuali nei luoghi di lavoro?

Secondo l’Istat, una donna su due ha subito una qualche forma di molestia fisica o di ricatto sessuale sul luogo di lavoro. Ciò che è più preoccupante, è che spesso le vittime non denunciano l’episodio per paura di essere licenziate o giudicate dai colleghi.

A subire i danni di questi spiacevoli episodi, non sono soltanto le donne, ma anche le stesse aziende. Diversi studi hanno dimostrato che le vittime di molestie verbali e sessuali tendono ad abbandonare il luogo lavoro e di conseguenza privare l’azienda delle competenze e dell’esperienza acquisite nel tempo.

È necessario quindi agire in modo preventivo per evitare situazione spiacevoli che danneggino entrambe le parti. Quello che concretamente si può fare è: coinvolgere i vertici aziendali, assicurarsi che i dipendenti abbiano a disposizione un canale aziendale dove poter segnalare questi episodi, informare e formare i dipendenti, assicurarsi che l’azienda adotti una policy anti-molestie, ma soprattutto non aspettare che sopraggiunga una lamentela per verificare che i dipendenti abbiano subito una qualche forma di violenza o oppressione.

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