Dall’ultimo Rapporto AlmaLaurea 2025 presentato all’Università di Brescia si evidenzia una crescita del tasso di occupazione e dei salari dei laureati italiani. Il 30% non sfrutta però le competenze acquisite durante il percorso di studi e svolge mansioni per le quali non occorre di fatto il titolo.
Il Rapporto AlmaLaurea 2025 evidenzia una crescita nell’occupazione e negli stipendi dei laureati italiani. Il documento, presentato all’Università degli studi di Brescia, analizza la Condizione occupazionale dei laureati.
In base ai dati, il tasso di occupazione per chi è in possesso di una laurea non è mai stato tanto alto negli ultimi dieci anni, soprattutto a un anno dal conseguimento del titolo.
Laureati: occupazione e stipendi in crescita
La percentuale di occupati è pari al 78,6% sia per i laureati di primo livello sia per quelli di secondo livello.
Ad aumentare non è solo il tasso di occupazione, ma anche gli stipendi e i contratti a tempo indeterminato. Quest’ultimi, a un anno dalla laurea, sono il 39,5% per gli occupati di primo livello e il 29,8% per quelli di secondo livello. Sono rispettivamente pari al 28,0% e al 23,6% i contratti a tempo determinato mentre i contratti formativi sono al 15,3% e al 22,3%.
Svolgono un’attività in proprio il 10,4% degli occupati di primo livello e l’8,3% quelli di secondo.
A un anno dal conseguimento del titolo aumenta anche la retribuzione mensile netta, pari a una media di 1.492 euro per i laureati di primo livello e a 1.488 euro per quelli di secondo.
Se si considera l’aspetto territoriale, invece, il rapporto segnala differenze significative: rispetto agli occupati al Sud, chi lavora al Nord percepisce in media 66 euro mensili in più, mentre chi lavora al Centro guadagna 45 euro in più.
Sale a 619 euro netti mensili in più rispetto al Mezzogiorno il salario dei laureati all’estero, anche se in questo caso occorre sottolineare la differenza del costo della vita tra i diversi Paesi, con conseguenti differenze anche a livello retributivo.
Quali sono gli ambiti più pagati
Rispetto ai laureati del gruppo politico-sociale e comunicazione, a parità di altre condizioni, a guadagnare di più sono i laureati in ambito medico-sanitario e farmaceutico (+305 euro mensili netti), i laureati del gruppo ingegneria industriale e dell’informazione (+218 euro), informatica e tecnologie ICT (+185 euro), economico (+116 euro), educazione e formazione (+104 euro), scientifico (+95 euro).
A differenza dei precedenti, a risultare più sfavoriti da un punto di vista economico sono i laureati del gruppo giuridico, che in media guadagna 102 euro in meno.
Le competenze non sfruttate
Dal rapporto di Almalaurea emerge che non sempre i laureati sfruttano le competenze acquisite durante il percorso di studi.
Il 39,3% dei laureati di primo livello e il 31,9% di secondo livello svolgono mansioni per le quali il titolo formalmente non occorre.
A cinque anni dal titolo la percentuale è meno marcata e scende al 32,5% per i laureati di primo livello e al 25,4% per quelli di secondo livello. Questo disallineamento coinvolge soprattutto le discipline umanistiche, letterarie, di arte e design, politiche, sociali e di comunicazione, nonché quelle psicologiche ed economiche.
Laureati: da dove vengono e dove si trasferiscono
Nel 2024 il 59,9% dei laureati era donna, con una quota stabile da dieci anni. E’ invece ferma dal 2014 la percentuale che rappresenta le donne laureate nelle discipline Stem, pari al 41,1%.
La maggior parte dei laureati (73,0%) ha studiato in un liceo. Il 37,5% ha frequentato il liceo scientifico, l’11,9% quello linguistico e l’11,7% il classico. Seguono gli studenti con diploma tecnico (19,7%) e diploma professionale (3,3%).
Aumenta la percentuale di coloro che per motivi di studio si trasferiscono dal Sud in una regione del Centro-Nord. A fare questa scelta è il 28,7% dei laureati. E’ del 14,3% la percentuale dei diplomati del Centro che si sposta in un’area geografica diversa, mentre quella del Nord è solo del 4,3%.
Età della laurea e regolarità degli studi in calo
Lo studio passa in esame anche l’età alla laurea e la regolarità degli studi, in lieve peggioramento rispetto al passato.
L’età di laurea è di 25,8 anni, con significative differenze a seconda del corso di studio.
La regolarità degli studi risulta invece in costante calo. Se fino al 2022 si erano registrati dei miglioramenti, dall’anno successivo la percentuale è iniziata a decrescere di 1,0 punti percentuali. Nel 2024 questa flessione è continuata inesorabile, fino a 2,8 punti percentuali in meno.
I dati mostrano dunque un miglioramento a livello occupazionale e retributivo. Restano tuttavia alcune criticità, tra cui il disallineamento tra il percorso di studi e le mansioni. Una sfida per la quale sarebbe utile rafforzare il passaggio tra la formazione universitaria e le esigenze del mercato del lavoro, in costante evoluzione.